La ROH dei bei tempi vista da esterno

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Ospreayism
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Re: La ROH dei bei tempi vista da esterno

Messaggio da Ospreayism »

Barrett Garage ha scritto: 25/01/2023, 8:34 Mi ricorda zerocalcare che parla di un critico di cinema che viene snobbato dal professore di turno, il quale scrive “io guardo solo documentari sulla forfora in medio oriente”. Sempre sul pezzo. Che ribrezzo gli utenti che danno un punto in meno al match perché al minuto 46 un wrestler ha fatto una proiezione con le braccia a 35 gradi invece che a 45, o che ti fanno le classifiche dove l’unico wrestler wwe è in posizione 97 ed è un nano di merda che jobba un giorno sì e l’altro pure ma sarebbe il candidato perfetto per interrompere la streak di Undertaker a wrestlemania .:disgusto:.
Beh quelle son le classifiche giuste, per le robe su base mark sta PWI



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Barrett Garage
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Re: La ROH dei bei tempi vista da esterno

Messaggio da Barrett Garage »

Ospreayism ha scritto: 26/01/2023, 6:50 Beh quelle son le classifiche giuste, per le robe su base mark sta PWI
Va bene.

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Misterraza
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Re: La ROH dei bei tempi vista da esterno

Messaggio da Misterraza »

Ospreayism ha scritto: 26/01/2023, 6:49 Oggi e sempre viva elitarismo e gatekeeping, ogni volta che un fan occidentale smette di guardare la NJPW festeggio come se la Juve vincesse venti Champions di fila (almeno non sento troiate immonde come "Naito freelancer")

Ognuno se la vive come vuole, sticazzi alla fine. Anche perché poi c'è anche tanta gimmick da forum e inventarsi battaglie per passare il tempo.

Se è un discorso di prodotto (arrivano persone nuove e il prodotto che apprezzo si snatura), penso abbia a che fare molto più con l'autore e la sua capacità / volontà (di restare fedele a sé stesso, di ripetersi, di voler fare roba nuova) e la percezione dei vecchi fan (l'ho scoperto prima, boomerismo stilequando vinci sei di tutti, quando perdi sei solo mia ) piuttosto che l'ingresso in sé di nuove persone.

Se è un discorso di comunità, non ho mai conosciuto uno che ne capisse davvero di qualcosa e fosse davvero infastidito da neofiti arrivati dopo. Anche perché a chiudersi nel circolino a farsi pompini a vicenda il rischio è di creparci dentro.

Qui dentro quando se ne sono andati gli ottenni sono rimasti quelli che si lamentavano degli ottenni, poi si sono annoiati e se ne sono andati pure loro, e alla fine chi è rimasto si è inventato il metaforum.

Il sonno della ragione dei gatekeepers genera mostri.

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Misterraza
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Re: La ROH dei bei tempi vista da esterno

Messaggio da Misterraza »

L’effetto meraviglia

Guardare il wrestling indy perché hanno le sequenze fighe e l’hardcore serio con bladejob assassini, mica come la WWE.

Su per giù, a metà anni 2000 il primo impatto col mondo indy di un fan WWE era questo. Cercare altrove e trovare la sequenza impensabile, lo spot fuori di testa, la stipulazione estrema mai possibile nel mainstream.

L’effetto meraviglia, un WOW factor che da solo ha fatto più proseliti di qualsiasi raccomandazione. Il mondo indipendente come teatro delle stranezze, ricco di attrazioni fuori dal comune, fuori dal normale, e il normale è ovviamente la WWE.

Superficiale? Forse. Ma è forse una colpa che la prima vetrina per il mondo extra-WWE, qui dentro, fosse il topic delle GIF con avvertenza alle connessioni a 56 kb?

E del resto, anche a restare in casa McMahon, il boom del 2003 avrebbre funzionato uguale senza avere due funamboli come Guerrero e Rey Misterio in primo piano, ma piuttosto Batista e Cena fin dal primo momento?

Anche in una fase più matura, questo effetto meraviglia rimarrà sempre. E non c’è dubbio, tanti match non WWE erano infarciti di spot wow che in WWE non si vedevano in un anno intero.

Però in questa fase non sono ancora i matchoni con mille spot e near falls impossibili a tenere banco, ma il fuori dal normale in senso stretto: Jack Evans, Teddy Hart, Nick Mondo e la CZW, le stipulazioni estreme, le sequenze intricate della X-Division, la Canadian Destroyer, ecc.

La ROH non è esattamente o non ancora quella federazione che piace all’esterno che cerca qualcosa di nuovo. I suoi match lunghi, metodici, le ampie fasi al tappeto di tanti incontri, l’apparenza spartana…non sono il biglietto da visita ideale per tutti.

La prima ROH è una fed da iniziati, in cui una buona dose di gatekeeping è parte del prodotto stesso.

24/07/2004 - Death Before Dishonor Night II
Street Fight - Ace Steel & CM Punk vs. BJ Whitmer & Dan Maff

Immagine

CM Punk con la ROH non c’entra (quasi) nulla.

L’idea mentale che ho della ROH, prima di questo progetto e anche ora, non si allinea con l’idea mentale che ho di CM Punk.

Di Punk avevo sentito parlare prima di vederlo in WWECW. Anche per gli esterni era il King of the Indies e mi bastò il primo promo registrato per diventarne fan.

A Punk si associano alcuni dei primi reperti mitizzati dal passaparola del mondo indy: la serie di match con Chris Hero, la rivalità in ROH con Raven col famoso promo sul padre ubriacone, e ovviamente la serie con Joe.

Eppure CM Punk con la ROH non c’entra (quasi) nulla.

Sporco nell’esecuzione, privo di spottoni, se non la Pepsi Plunge d’occasione, il ring è il mezzo e non un fine in sé stesso. Punk costruisce un character, vuole raccontare storie, rivaleggia con una figura di culto come Raven e intanto fa il verso al Nest con i suoi Second City Saints.

In più, è così talmente superiore al resto del roster con un microfono che gli fanno commentare come seconda voce i DVD.

È anche un performer che si mette in gioco, propenso a performance più violente. Qui una brawlerata free-form, incasinata, confusionaria, e per questo fa il giro e diventa memorabile.

Tenetevi le clinic al tappeto, da esterno questo fa molto più effetto.


Bonus - Samoa Joe vs CM Punk I, II, III


Punk è anche il protagonista di uno dei principali test di Rorschach sul mondo del wrestling. Ossia, la trilogia con Samoa Joe vs Punk, con tanto di secondo capitolo che si becca le ***** di Meltzer quando questi non ne assegnava dal 1997.

Oggi non so nemmeno quanto sia amata o citata. A dire il vero, da esterno, la loro trilogia sembrava più oggetto di controversia che venerazione già poco dopo, e quelle ***** brillavano più come una dichiarazione d’intenti della critica piuttosto che un giudizio diffuso.

Al netto di come la si pensi, il problema vero è che Punk e Joe con la loro trilogia mettono su forse la roba più concettuale che mi sia capitato di vedere nel pro-wrestling americano. Ma andiamo con ordine.

Nel 2004 Samoa Joe è una bestia che sovrasta gli avversari per stazza, potenza e li rivaleggia se non supera per tecnica e agilità. In sostanza, è una macchina da wrestling che ogni contendente prova, senza successo, a stoppare.

Il piano di CM Punk è semplice: Joe è una bestia ma è anche un panzone che a suon di striking ti ammazza appena gli lasci campo libero. Quindi lo vuole fiaccare, annullarne le esplosioni di colpi, domarlo.

Il primo Punk vs Joe è quindi Punk che per 45 minuti blocca ogni tentativo di alzare il ritmo e immobilizza Joe, in particolare con l’uso della manovra più basilare del vocabolario del wrestling: l’headlock.

45 minuti che racchiudono un paradosso alla base stesso del wrestling: può essere bello un match strategicamente ineccepibile, dalla psychology perfetta, privo di azione? Può essere bello un match noiosissimo?

I cori di boring ci sono, zittiti subito, e a fine match ovazioni e cori MOTY. In nessun’altra arena e con nessun altro pubblico quell’incontro ne sarebbe uscito senza pernacchiate.

In ECW, il performer (probabilmente) con la più grande mente per il medium di sempre aveva già colto il paradosso: imbastire sequenze noiose per generare heat nella sua crociata anti-hardcore. In ROH, Punk e Joe sanno che hanno di fronte un pubblico elitario che ama tanto l’in-ring quanto il sentirsi la crema della crema della wrestling community.

E gli mettono davanti 45 minuti di paradosso, una provocazione da arte concettuale che, come spesso capita con certe provocazioni, dice più di chi guarda che di chi fa.

Joe vs Punk II è il secondo capitolo, e costruisce tutto dal primo incontro. Punk non è riuscito a battere Joe al primo tentativo, il samoano può reggere le lunghe distanze, ma la strategia di Punk ha comunque dato più frutti di tutte quelle altrui.

Da lì la storia del capitolo II, match che è epico perché gioca e varia a partire dalla noia del primo. E senza, sarebbe solamente un pochino meno noioso.

Se pensate di guardare direttamente il secondo non fatelo: sei obbligato a sperimentare il paradosso del primo capitolo per avere una chance di apprezzare il secondo e chiudere il cerchio con il terzo.

02/10/2004 - Midnight Express Reunion
Samoa Joe vs Bryan Danielson

Ai fini del nostro discorso, questo è un match superfluo perché racconta ciò che già sappiamo su Joe e Danielson.

Però è un match da vedere. Perché, proprio nel mezzo della trilogia con Punk, Danielson manda avanti il suo piano gara sulle lunghe distanze e crea un inevitabile parallelo con l’operazione Punk.

Se Punk aveva annullato l’impatto e portato Joe al limite, Danielson lo domina ed è forse il primo a riuscirci.

Joe vs Punk è un oggetto che tocca i limiti della disciplina e spinge all’estremo la psychology fino ad ammazzare lo spettacolo. Joe vs Danielson è uno spettacolo in-ring tradizionale, ed è semplicemente eccellente.

Il regno di Joe è il regno che trasforma la fed dei carbonari nel palcoscenico principale del mondo indy ed è il regno che definisce lo standard di un campione ROH.

In più, è un grande racconto a tappe, in cui atleti di ogni genere cercano senza successo di abbattere un’anomalia vivente, uno che non dovrebbe muoversi come si muove e non dovrebbe lottare come lotta.

E non è forse, anche questa, una meraviglia?


Visioni affini consigliate (rigorosamente da esterno)
  • AJ Styles vs CM Punk - Tradition Continues - 16/10/2003
Nella prossima puntata
Alla scoperta del multiverso indy.

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Re: La ROH dei bei tempi vista da esterno

Messaggio da PuroIndyLove »

Bisogna puntualizzare che la ROH non cercava in via esclusiva un approccio tutto nuovo alla disciplina, ma mediato riscoprendo la "tradizione" del Wrestling, ovvero sia quei maestri come Ric Flair, o Steamboat (tanto per citarne due, ma ce ne sono), insomma le figure di culto degli anni 80, i quali sì, fornivano alla disciplina una filosofia più metodica tesa alla psicologia e ad azioni, diremmo, "limitate"; ma innovandole, al contempo, cioè portandole negli anni 2000. Il primo Punk, in tal senso, è molto "classico" nell'approccio, Danielson guarda alla scena Jappa ed inglese (è stato allievo di Regal, d'altronde, no?).
Ovviamente, sovvertendo a dei preconcetti residenti nella formattazione standard della scena Major che, potremmo azzardare, ma il termine non è poi così corretto, ha "tradito" la filosofia del Wrestling delle origine, facendone il cosiddetto "entertainment" televisivo. Per esempio, il Joe che viene testato alla lunga, in quanto macchina distruttrice che macina avversari a destra e a manca, è tutto ciò che non si è mai rischiato con un Goldberg.

Edit: non rammento se a metà del secondo incontro della Trilogy, o del terzo, ma un dettaglio non poco rilevante è da mettere in risalto: Joe che tenta uno schienamento aggrappandosi alle corde. Questo, a riprova del fatto che Punk aveva scombussolato i parametri ordinari del samoano indistruttibile.

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Marco Frediani
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Re: La ROH dei bei tempi vista da esterno

Messaggio da Marco Frediani »

PuroIndyLove ha scritto: 28/01/2023, 1:54 Bisogna puntualizzare che la ROH non cercava in via esclusiva un approccio tutto nuovo alla disciplina, ma mediato riscoprendo la "tradizione" del Wrestling, ovvero sia quei maestri come Ric Flair, o Steamboat (tanto per citarne due, ma ce ne sono), insomma le figure di culto degli anni 80, i quali sì, fornivano alla disciplina una filosofia più metodica tesa alla psicologia e ad azioni, diremmo, "limitate"; ma innovandole, al contempo, cioè portandole negli anni 2000. Il primo Punk, in tal senso, è molto "classico" nell'approccio, Danielson guarda alla scena Jappa ed inglese (è stato allievo di Regal, d'altronde, no?).
Ovviamente, sovvertendo a dei preconcetti residenti nella formattazione standard della scena Major che, potremmo azzardare, ma il termine non è poi così corretto, ha "tradito" la filosofia del Wrestling delle origine, facendone il cosiddetto "entertainment" televisivo. Per esempio, il Joe che viene testato alla lunga, in quanto macchina distruttrice che macina avversari a destra e a manca, è tutto ciò che non si è mai rischiato con un Goldberg.

Edit: non rammento se a metà del secondo incontro della Trilogy, o del terzo, ma un dettaglio non poco rilevante è da mettere in risalto: Joe che tenta uno schienamento aggrappandosi alle corde. Questo, a riprova del fatto che Punk aveva scombussolato i parametri ordinari del samoano indistruttibile.
Nel terzo

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Re: La ROH dei bei tempi vista da esterno

Messaggio da Misterraza »

PuroIndyLove ha scritto: 28/01/2023, 1:54 Bisogna puntualizzare che la ROH non cercava in via esclusiva un approccio tutto nuovo alla disciplina, ma mediato riscoprendo la "tradizione" del Wrestling, ovvero sia quei maestri come Ric Flair, o Steamboat (tanto per citarne due, ma ce ne sono), insomma le figure di culto degli anni 80, i quali sì, fornivano alla disciplina una filosofia più metodica tesa alla psicologia e ad azioni, diremmo, "limitate"; ma innovandole, al contempo, cioè portandole negli anni 2000. Il primo Punk, in tal senso, è molto "classico" nell'approccio, Danielson guarda alla scena Jappa ed inglese (è stato allievo di Regal, d'altronde, no?).
Ovviamente, sovvertendo a dei preconcetti residenti nella formattazione standard della scena Major che, potremmo azzardare, ma il termine non è poi così corretto, ha "tradito" la filosofia del Wrestling delle origine, facendone il cosiddetto "entertainment" televisivo. Per esempio, il Joe che viene testato alla lunga, in quanto macchina distruttrice che macina avversari a destra e a manca, è tutto ciò che non si è mai rischiato con un Goldberg.

Edit: non rammento se a metà del secondo incontro della Trilogy, o del terzo, ma un dettaglio non poco rilevante è da mettere in risalto: Joe che tenta uno schienamento aggrappandosi alle corde. Questo, a riprova del fatto che Punk aveva scombussolato i parametri ordinari del samoano indistruttibile.
Joe che cerca il pin sporco è esattamente uno di quei momenti per cui sei contento di aver visto la trilogia e il percorso che ha portato lì.

Ma in generale le difese accumulate, più che per altri campioni ROH, animano un percorso che man mano arrichisce ogni difesa successiva, fino a queste ultime prove (Punk, Danielson, il match di Final Battle contro Aries).

Da esterno, alla ROH do atto di aver fatto funzionare al di sopra di ogni mia aspettativa, prima con Joe e poi in maniera diversa con Morishima, l'idea del mostro che abbatte avversari. Un concetto vecchio come il mondo che in una fed orientata al racconto come la WWE si riduce all'archetipo narrativo (Davide vs Golia) e non sopporta / supporta variazioni sportive, ossia il Joe vs sfidante con un piano di gara funzionale, differente a seconda delle proprie caratteristiche.

PS. A guardare il Punk della ROH penso subito "questo va in WWE". Probabilmente a fare il mid-uppercarder, ma va lì perché è un wrestler con un'idea di wrestling più spendibile, più "classica", più ampia di uno spettacolo per soli fan duri e puri.

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Re: La ROH dei bei tempi vista da esterno

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La grandezza della ROH di Gabe sta nell'assenza di tutto ció che si trova oggi in quella merdata di AEW: spot-oriented, fan service, una major mascherata in indie (che é molto peggio di una indie mascherata in major), ecc... ecc...

il primo match veramente sopravvalutato della ROH fu certamente Richards vs Edwards (mi pare 2011, dove Richards vinse il titolo, forse 2012), incontro che ha poi causato danni irreparabili: l'incontro "scritto bene" dove tutta la narrazione é eseguita alla perfezione, tutti i spot chiamati con il giusto timing, tutto il match con un ritmo predefinito e con "le parti giustamente eseguite", preferisco mille volte le sediate di Reigns a sto punto.

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Re: La ROH dei bei tempi vista da esterno

Messaggio da Misterraza »

Burzum ha scritto: 04/02/2023, 23:41 La grandezza della ROH di Gabe sta nell'assenza di tutto ció che si trova oggi in quella merdata di AEW: spot-oriented, fan service, una major mascherata in indie (che é molto peggio di una indie mascherata in major), ecc... ecc...

il primo match veramente sopravvalutato della ROH fu certamente Richards vs Edwards (mi pare 2011, dove Richards vinse il titolo, forse 2012), incontro che ha poi causato danni irreparabili: l'incontro "scritto bene" dove tutta la narrazione é eseguita alla perfezione, tutti i spot chiamati con il giusto timing, tutto il match con un ritmo predefinito e con "le parti giustamente eseguite", preferisco mille volte le sediate di Reigns a sto punto.
Da esterno , secondo me parte anche prima. Fermo restando che Davey Richards a un certo punto se ne parlava come BITW, e oggi anche solo a girare Cagematch scopro che, a parte essere un coglione fuori, molti non hanno mai apprezzato il suo lavoro in ring proprio perché ricco di spot, privo di psichology, ecc.

Dicevo, secondo me c'è una differenza abbastanza visibile tra un big match ROH dei primi anni e un big match ROH anche già del 2008-2009. I primi mi ricordano, per impostazione, l'idea di grande match lottato che potrei mutuare dal wrestling precedente.

I match successivi mi sembrano già più in linea, per ritmo e costruzione, con ciò che sarà il wrestling da lì in poi.
Ultima modifica di Misterraza il 05/02/2023, 17:03, modificato 1 volta in totale.

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Re: La ROH dei bei tempi vista da esterno

Messaggio da Marco Frediani »

Misterraza ha scritto: 05/02/2023, 10:40 Da esterno , secondo me parte anche prima. Fermo restando che Davey Richards a un certo punto se ne parlava come BITW, e oggi anche solo a girare Cagematch scopro che, a parte essere un coglione fuori, molti non hanno mai apprezzato il suo lavoro in ring proprio perché ricco di spot, privo di psichology, ecc.

Dicevo, secondo me c'è una differenza abbastanza visibile tra un big match ROH dei primi anni e un big match ROH anche già del 2008-2009. I primi mi ricordano, per impostazione, l'idea di grande match lottato che potrei mutuare dal wrestling precedente.

I match successivi mi sembrano già più in linea, per ritmo e costruzione , con ciò che sarà il wrestling da lì in poi.
Richards prima di cambiare idea sul ritiro era tanta roba: intenso, aggressivo, ti tirava dentro alle sue contese.
Dopo si è standardizzato e le sue levate non hanno certo aiutato, peccato, l'ennesimo che con una testa diversa poteva fare di più.

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Re: La ROH dei bei tempi vista da esterno

Messaggio da Misterraza »

Il Multiverso
Siamo arrivati al terzo appuntamento, e diamo merito alla TNA. Chi arrivava alla ROH spesso ci arrivava dalla TNA.

Oggi parlare di TNA ti strappa quasi un sorriso, e forse viene anche da ridere a pensare che un’intera generazione di wrestling fan italiani si sia formata forumisticamente e abbia combattuto le proprie battaglie dialettiche sulla fed di Orlando.

Però Samoa Joe era un figo e lo era stato prima in ROH. AJ Styles, Homicide, Low Ki, Daniels, Shelley, tutta gente che incontravi agli Orlando Studios e che con mezza ricerca Google scoprivi avesse un passato, o presente, indipendente.

L'osmosi TNA/ROH era naturale, meno lo era ciò che riservava il percorso WWE/ROH. Jamie Noble campione mondiale? Paul London il più over della federazione? CM Punk re del microfono, quello che non ha fatto mezzo promo in WWE in tre anni 3 anni di stint? Tutto ciò, per chi seguiva la WWE, si elevava a leggenda metropolitana o quasi.

Ecco, il mondo indipendente come piattaforma e spazio dove quel lottatore che conosci non è come lo conosci. Oppure, un mondo in cui lo stesso performer, allo stesso tempo, esiste in più versioni di sé.

Le indies come piattaforma unica e assieme multiverso in cui compagni di stable lottano tra loro, midcarder di una fed sono ME altrove, performer sono face il sabato ed heel la domenica e face di nuovo il lunedì.

Negli anni 90 i wrestler saltavano di promotion in promotion alla ricerca della migliore versione di sé; negli anni di 2000 sono in tre-quattro promotion in contemporanea e in ognuna possono offrire una differente versione di sé.

Se il wrestling nordamericano anni ’90 era stato connesso tra le sue parti ma esclusivo, il wrestling nord-americano extra WWE del decennio successivo è aperto e libero.

Volendo, ci sarebbe pure un capitolo a parte per i jappi. Alle volte integrati nelle dinamiche interne, altre chiamati a reinventare la ruota, legittimare lo spettacolo e fare i dream match intergenerazionali.


08/02/2003 – One Year Anniversary Show
Low Ki vs Paul London vs AJ Styles


Sostanzialmente, tre uomini capaci di gesta atletiche fuori dal normale che sprintano per venti minuti.

A livello narrativo, ci sarebbe Xavier campione mondiale che ha conti aperti con i tre e a fine match è pronto a difendere il titolo contro il vincitore. Tra i contendenti, invece, un Paul London che nella prima ROH ne esce fuori come un underdog che non molla mai e conquista tutti nel mentre.

E per chi l’ha conosciuto per lo stint WWE, o per i meme sul sorriso alla “morte” di McMahon, chi se l’aspettava?


04/03/2007 – Fifth Year Festival: Finale
Fight Without Honor - Nigel McGuinness vs Jimmy Rave

Immagine
https://www.bilibili.com/video/BV1Jt411A7is/

Nello spirito del post, di questo match non avevo mai sentito parlare. E invece è uno di quelli che mi ha preso di più e vede coinvolto Jimmy Rave.

Rave lo ricordavo come tag wrestler in TNA, mai avrei pensato avesse uno stint da menzionare in ROH, ad esempio feudando con Punk o McGuinness. Questo è un match che butto lì, anche perché inizia a raccontare di una certa tendenza che man mano diventa predominante.

C’è uno spot clamoroso sul finale che dovrebbe chiudere l’incontro (spoiler: è una Tower of London di Nigel), e invece c’è kick-out e si continua.

Più che aggiungere all’incontro, lascia emergere quel retrogusto meta: davvero questo non chiude l’incontro?

A mio parere, i wrestler non dovrebbero mai costruire gli incontri per raccogliere apprezzamento critico. Tradotto: non voglio le near-falls per farmi dire “bravi, qui ci sta proprio aver messo una near-fall”.

Ma dovrebbero, almeno in teoria, fare le near-falls per connotare un momento clou nella messa in scena, all’interno di essa. Qui, però, con quello spot in un match che ho apprezzato tantissimo, l’impressione è dell’eccesso. Sì, ci credo che il match sta per chiudersi, perché semplicemente hai settato la barra troppo in alto per continuare a mantenere viva la mia sospensione dell’incredulità.

Era già capitato prima nella mia visione, ovviamente. Ma capiterà sempre più spesso, e sempre più spesso con meno ragione di essere.

Fino al punto in cui, anche ad accettare un multiverso indy ricco di fighting spirit, spot ammazza-carriera da cui si fa kick-out, e una psychology fondata su basi diverse, ecco, a quel punto seguire un incontro per un esterno come me diventa veramente insostenibile.


Nella prossima puntata

La ROH fa il botto coi PPV e arrivano i "casual".

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Re: La ROH dei bei tempi vista da esterno

Messaggio da Misterraza »

Faccio auto-necroposting per concludere il topic, anche perché è la fase della storia che trovo più interessante. Ossia, la fase in cui la ROH inizia con i PPV.

Tutti sul carro
Nel 2007 c’ero, la ROH è ormai una sigla affermata che ha attraversato già parecchi eventi mitizzati nel tempo, comincia con i PPV e fa il botto.

Il giorno dopo il primo evento in PPV tutti parlano del match tra Briscoes e la coppia Castagnoli / Sydal. Ma è il secondo evento a pagamento che fa gridare al miracolo.

Driven è uno show godibilissimo dall’inizio alla fine, con un Briscoes vs Steenerico scintillante, e un Danielson vs McGuinness progettato ad hoc per un pubblico non iniziato.

Sì, è il 2007, la ROH si dà ai PPV ed è il momento di salire sul carro. Come prodotto in toto, la ROH del 2007 è l’unica di cui io esterno pescherei anche eventi interi, una ROH già più vendibile senza snaturarsi troppo.

È una ROH che ha smussato gli estremi, sono sparite alcune clinic al tappeto dei primi anni e la produzione è migliorata, il cast è riconoscibile e vario e il tone of voice consolidato, sicuro, e ora appetibile anche al di fuori dal solito circolo.

L’espansione porta con sé tutte le dinamiche da forum facilmente pronosticabili: dall’evangelizzazione più o meno altruista al gate-keeping selvaggio.

Sì, seguire le indy è entrare a far parte di una comunità aperta, che si scambia match ed eventi con Megaupload, si tiene aggiornata sull’ultimo match imperdibile disputato sotto chissà quale sigla.

E sono comunità pure i wrestler che si incrociano di show in show, di federazione in federazione, una comunità di wrestler che sono in primis fan del wrestling e coi fan del wrestling comunicano attraverso i MySpace e i nuovi strumenti dell’online.

E poi c’è il prodotto, e il prodotto di quella ROH è uno spettacolo del tutto nuovo per chi è abitato a un evento WWE. L’impressione è che si possa fare match utilizzando un intero vocabolario di mosse, reversal, trademark e finisher che in WWE esiste solo nei videogiochi.

La meraviglia non è più il Double Moonsault di Jack Evans o la X-Division della TNA, la meraviglia sono ora i matchoni a ***** con near falls impossibili e spot su spot.

C’erano anche prima eh, ma l’impressione è che ora esista un template ben definito che caratterizza il match indy. E alla fine ci si spara tutte le signature e le finisher a ritmo sfrenato.



10/08/2007 – Death Before Dishonor V Night 1
Non-Sanctioned Boston Street Fight – The Briscoes vs Steenerico
Nel 2007 accadono in ROH in parallelo tre / quattro cose che catturano la mia attenzione. Una è la rivalità tra i Briscoes e gli Steenerico.
I Briscoes sono un team che ai miei occhi di oggi fanno tanto e troppo di tutto nel ring; lo erano anche all’epoca ma all’epoca per me era una novità.

Steen e Generico, invece, erano due personaggi con una dinamica interna chiara poliziotto buono / poliziotto cattivo che me li rendeva interessanti. Ad oggi uno dei pochissimi rimpianti di aver abbandonato il wrestling e la WWE è non aver visto nulla dei loro stint a Stamford. Sì, poi facevano delle robe d’impatto visivo fuori dal mondo: tutt’oggi non mi spiego il Tornato DDT da un lato all’altro del ring tra le prime corde di El Generico, oppure il suo Brainbuster sul paletto.

Una gara di eccessi, di spot su spot, di finisher e super-finisher. Il Ladder War finale ne è il culmine ma ogni loro match, e qui ne ho preso uno ma vale per qualunque altro, è un’accelerazione senza limiti al di fuori di ogni logica. Tra spot da rischiarci il collo, sediate scoperte, azzardi su azzardi, Briscoes vs Steenerico è realmente uno spettacolo oltre, in ogni senso.

Meno di dieci giorni prima del match finale del feud, il famoso Ladder War, una conferenza stampa ha rivelato i risultati dell'esame forense al corpo di Chris Benoit. Le evidenze mostrano la connessione tra danni celebrali e una storia cronica di colpi alla testa.

Nel raccontare l'ultimo incontro tra i due team, spericolato e fuori di testa, alle dirtsheet non sfugge l'ipocrisia di gridare al matchone mentre si legge atterriti del cervello in pappa di Benoit. E sorge qualche domanda: è questo ciò che chiediamo ai performer sul quadrato? Ed è poi davvero un rischio che aggiunge allo spettacolo?

Un tema che torna e ritornerà sempre con maggiore forza ad animare le discussioni sul wrestling nei successivi anni.

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Marco Frediani
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Re: La ROH dei bei tempi vista da esterno

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Il feud tra gli Steenerico e i Briscoes tanta roba, non hanno più fatto nulla di simile.
Bisogna dire che dopo tutti si sono dati una calmata, pure Danielson disse che, a saperlo prima, non avrebbero fatto lo spot dove si prende a testate a ripetizione con Nigel a Driven. Gente come Foley e Funk dopo tutte le sediate prese sono ancora lucidi comunque. Per Benoit è stato un mix di cose.

I ppv del 2007 tutti bellissimi, come dovrebbero essere degli show da due ore che non annoiano e fanno vedere di tutto. Spiace che siano durati poco ma quel modello stava in piedi solo per la benevolenza di Silkin.

Il template del match da indy è diventato quello dei match AEW e NXT

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Misterraza
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Re: La ROH dei bei tempi vista da esterno

Messaggio da Misterraza »

Marco Frediani ha scritto: 28/05/2023, 21:42 Il feud tra gli Steenerico e i Briscoes tanta roba, non hanno più fatto nulla di simile.
Bisogna dire che dopo tutti si sono dati una calmata, pure Danielson disse che, a saperlo prima, non avrebbero fatto lo spot dove si prende a testate a ripetizione con Nigel a Driven. Gente come Foley e Funk dopo tutte le sediate prese sono ancora lucidi comunque. Per Benoit è stato un mix di cose.

I ppv del 2007 tutti bellissimi, come dovrebbero essere degli show da due ore che non annoiano e fanno vedere di tutto. Spiace che siano durati poco ma quel modello stava in piedi solo per la benevolenza di Silkin.

Il template del match da indy è diventato quello dei match AEW e NXT
Foley nel suo, consigliatissimo, primo libro lo dice chiaramente che a un certo punto capì che doveva darsi un limite e lasciare i bump pesanti per le grandi occasioni. Che poi gli ho visto prendere colpi alla testa brutti brutti pure in semplici puntate di RAW, ma vabbé, conta il pensiero.

Però il discorso di Foley ha senso nel mondo in cui operava lui, ma cozza col modello di business indy delle fed e degli stessi wrestler, coi matchoni pieni di spot che portavano gente agli show e facevano vendere i DVD col passaparola.

Che poi è un modello che ti modifica l'essenza dello spettacolo, il template appunto. Perché se ogni sera è un matchone sparato a mille in cui tutti fanno tutte le loro signature e finisher, allora il matchone sparato a mille diventa lo standard.

Sì, è un tema enorme, in cui la tutela dei performer è il grosso ma non finisce lì. Ci starebbe dentro pure una riflessione meno ipocrita su come gli hardcore fan e peggio ancora i wrestler che sono in primis wrestling fan hanno portato l'industria USA in un angolino chiuso da cui non si sa bene come uscire.

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Marco Frediani
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Re: La ROH dei bei tempi vista da esterno

Messaggio da Marco Frediani »

Misterraza ha scritto: 29/05/2023, 22:12 Foley nel suo, consigliatissimo, primo libro lo dice chiaramente che a un certo punto capì che doveva darsi un limite e lasciare i bump pesanti per le grandi occasioni. Che poi gli ho visto prendere colpi alla testa brutti brutti pure in semplici puntate di RAW, ma vabbé, conta il pensiero.

Però il discorso di Foley ha senso nel mondo in cui operava lui, ma cozza col modello di business indy delle fed e degli stessi wrestler, coi matchoni pieni di spot che portavano gente agli show e facevano vendere i DVD col passaparola.

Che poi è un modello che ti modifica l'essenza dello spettacolo, il template appunto. Perché se ogni sera è un matchone sparato a mille in cui tutti fanno tutte le loro signature e finisher, allora il matchone sparato a mille diventa lo standard.

Sì, è un tema enorme, in cui la tutela dei performer è il grosso ma non finisce lì. Ci starebbe dentro pure una riflessione meno ipocrita su come gli hardcore fan e peggio ancora i wrestler che sono in primis wrestling fan hanno portato l'industria USA in un angolino chiuso da cui non si sa bene come uscire.
Concordo su molto, bella la parte nel libro dove Foley dice che magari, con meno sediate, avrebbe capito come usare un PC.
Il template classico da indy è un videogame alla fine, bello il primo, bello il secondo, poi stop.
Per dire, la serie tra Elite e Death triangle in AEW: playstation a mille. Ne vedi solo uno ed è tanta roba se si ama quello stile, a vederne sette di fila anche basta.

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