Capitolo 6: passing of the torch.. forse
NJPW King of Pro-Wrestling (14/10/2013)
Concludiamo la settimana con uno degli incontri più importanti di tutta la saga.
La serie è in parità: 2-2-1 e il pareggio di agosto fornisce a Tanahashi un motivo valido per chiedere una nuova title shot. È il momento del tiebreak.
Tanahashi è reduce da due vittorie consecutive a Dominion 2012 e Wrestle Kingdom 7, ma è a secco dopo la sconfitta a Invasion Attack 2013 e il pareggio nel G1 Climax 23. A pari merito con Tatsumi Fujinami – il secondo Ace della storia di NJPW – per il maggior numero di regni da campione IWGP (6), Tanahashi è anche pronto a scrivere un nuovo record.
Ma, un po’ borioso, un po’ disperato e un po’ consapevole che la richiesta non arrivasse da una vittoria, dichiara pubblicamente che in caso di sconfitta sarebbe rimasto a tempo indefinito lontano dal titolo IWGP. Okada vuole consacrarsi definitivamente come nuovo Ace, quindi accetta e il match viene fissato per ottobre, a King of Pro Wrestling, nomen omen.
Il volto storico della compagnia mette tutto on the line: i main event al Tokyo Dome, l’air guitar in mezzo ai fan, gli “I love you” delle groupies, il titolo di Mr. WrestleKingdom. Anticipo che questo match, lato tecnico, non è il mio preferito fra i due, ma ha indubbiamente ha un’aura stratosferica ed è uno degli incontri più importanti nella storia della New Japan. Ha il sapore di end of an era, del tempo che passa, affascinante e implacabile.
Il Tanahashi che si presenta a KOPW è lo stesso che aveva iniziato ad emergere durante il G1 Climax: brutale, disperato, quasi stronzo. Nella sua disperata volontà di dimostrare di essere ancora l’Ace, Hiroshi Tanahashi aveva abbandonato il lato morale, gentile e solare che lo aveva reso tanto amato dai fan. Che, però, era parte di ciò che lo aveva consacrato Ace.
L’entrata di Tanahashi è un capolavoro. A rimarkare il suo status da eroe disilluso, fa il suo ingresso in una pioggia di cuori di carta, apparentemente sbeffeggiando la pioggia di banconote del rivale, inconsciamente cercando l’approvazione del pubblico con gli stessi (moderni, fighi) mezzi di Okada. Il campione sceglie invece di entrare con la versione della sua theme utilizzata al Dome a inizio anno, come a voler rimarcare che questa è la sua Wrestle Kingdom.
Pronti via e Tana si fionda subito sulla gamba di Okada, che però scampa all’attacco prova un inizio più classico. Tanahashi è arrivato pronto: sa bene che se Okada inizia ad impostare la sua strategia del collo è finita, quindi è deciso a fare in modo che il campione non prenda mai il controllo del match. Ed in effetti è così: inizia una fase di headlock in cui Okada non riesce mai a ribaltare il fronte, per diversi minuti. Okada torna in vantaggio solo quando i due si distanziano, permettendogli di reagire con esplosività. Tornato sul sedile del conducente, Okada sta iniziando ad impostare il suo lavoro al collo quando succede una cosa inaudita.. Tanahashi atterra male dopo un salto e lamenta un infortunio al ginocchio, ma è tutta una finta dell’Ace, che se ne serve per sorprendere il rivale con un roll up improvviso! Quando Tana si rialza baldanzoso e saltellante e prova la sua air guitar il pubblico lo accoglie con stupore e disgusto: di certo non si aspettava questo comportamento dall’eroe di casa. Giunti a questo punto, Tanahashi sorprende ancora e inizia un intenso e sadico limb work sul braccio destro di Okada, la Rainmaker arm.
Se negli incontri precedenti il focus era tutto su Okada, qui invece è tutto su Tanahashi e il fascino di questo match sta nella doppia chiave di lettura del suo character. È Tana a condurre e nel suo operato compaiono elementi nuovi e solo vagamente accennati durante il match del Climax: una partenza avventata, un limb work eccezionalmente aggressivo al braccio di Okada e, addirittura, un finto un infortunio. C’è chi vede in questa struttura del match (nuova rispetto ai precedenti) un sintomo della disperazione di Tana, consapevole che una sconfitta lo taglierebbe fuori per chissà quanto. La pressione del tempo lo schiaccia e lo spinge a prendere decisioni diverse e frutto della disperazione. E c’è invece che lo vede ancora mastermind lucidissimo: Tana sa che Okada ha imparato a non cadere nei suoi vecchi tranelli, e allora si spinge oltre i limiti, cercando di destabilizzarlo con nuovi mind games e provando con ostinazione a colpire il braccio invece delle gambe. C’è chi vede Tanahashi come un eroe distrutto e disperato che usa ogni scorciatoia pur di resistere, e chi invece come un campione senza corona che vuole dimostrare di poter vincere anche stravolgendo le regole del wrestling che lui stesso ha inventato. Entrambe le chiavi di lettura hanno il loro fascino, io personalmente ci ho sempre visto più consona la prima.
Ancora una volta il limb work torna centrale e aiuta a raccontarci la storia. Se ad Invasion Attack il lavoro al braccio era un piano di riserva last minute, nel G1 un depistaggio per arrivare al ginocchio, qui diventa il piano principale: total commitment. Addirittura le parti si invertono e sono gli attacchi alla gamba che servono come diversivo per arrivare al braccio. Grazie a questa strategia Tanahashi è in controllo per buona parte dell’incontro e, sebbene gli si presentino varie occasioni per tornare alle gambe, lui resta committed sul braccio. Una scelta che (come visto in precedenza) riduce le sue possibilità di vittoria, ma ha valore simbolico: questa rivalità ormai è diventata personale e non basta più vincere, conta il come. Vuole dimostrare di essere il miglior lottatore anche su un terreno inesplorato, punto. Ma l’orgoglio gli annebbia la lucidità.
Okada resiste stringendo i denti, prova a tornare al suo gameplan in diverse occasioni, ma non riesce mai a farlo funzionare. Le fiammate improvvise gli riportano qualche momento di respiro, ma mai una reale superiorità. Questo dettaglio sottolinea come questo match incarni anche lo scorrere inesorabile del tempo per Tanahashi: deve faticare il doppio per ottenere la metà dei risultati rispetto a quando Okada lavora sul collo del rivale. Non si può sconfiggere il tempo che passa: Tana si avvicina ai 40, ha superato il suo picco atletico, il corpo mostra i primi segni di cedimento; Kazu è all’apice della forma fisica, nel pieno della propria maturità agonistica.
Ma anche per Okada ha i suoi limiti: la sua testardaggine nell’usare l’arto infortunato, nel fingere che tutto vada bene, sta lasciando segni che a lungo termine non può più ignorare. Rispetto al match del Climax, qui il campione accusa il dolore all’arto molto di più e il controllo del match gli scivola via ogni volta che lo sfiora con le dita. Connette per due volte la Red Ink, ma entrambe le volte deve mollare perché il braccio non regge la pressione – un vero peccato, perché Tanahashi era bloccato e ben lontano dalle corde. Poi tenta la Tombstone, ma non riesce a sostenere il peso del corpo. Questi contrattempi rincuorano Tanahashi e mandano Okada fuori fase. Perde la calma: corre per un lariat e si prende un Dragon suplex; tenta un no-sell e si becca una Sling Blade; Okada addirittura si prende un cut-off dropkick– il suo cut-off dropkick!! In un’esplosione di hybris Tahanashi prova addirittura a vincere con la Gedo Clutch fissando Gedo dritto negli occhi. Outrageous.
Lo scambio di momentum culmina quando Tanahashi dà inizio alla sua sequenza finale: connette l’High Fly Flow cross body, ma Okada, con uno straordinario colpo di maturità (e non atletismo!), rotola fuori dal ring e si salva. Fuori dal ring connette finalmente la Tombstone, bloccando l’emorragia e riprendendo fiato.
Tanahashi, di solito razionale e calcolatore, qui è un uomo diverso che lotta come un inseguitore, come un campione privato del trono. Okada ne esce incredibilmente elevato: è il primo wrestler che riesce a piegare stravolgere lo schema dell’Ace, a costringerlo al cambiamento. Tanahashi è obbligato ad evolversi e reinventarsi per restare al passo del nuovo campione, e nel farlo incappa in errori basilari. Okada, invece, non ha più bisogno di attenersi pedissequamente ad un piano specifico come all’inizio: adesso gli basta evitare le trappole note, sfruttare giovinezza, atletismo, confidence. Resta fedele al lavoro sul collo e cambia quel tanto che basta per sorprendere l’avversario, come nello splendido balletto finale quando –dopo due tentativi andati a vuoto- connette la Rainmaker da un’angolazione inedita, garantendosi lo schienamento decisivo.
Passing of the torch?
Meh, nonostante la grandezza di questo incontro e la vittoria di Okada, non abbiamo proprio proprio la sua consacrazione come Ace. Il tema del match è dominato da una performance ipnotica di Tanahashi, che mostra un livello di profondità e finezza raramente visto nel wrestling. Okada, in confronto, sembra quasi trascinato dagli eventi. E questo ci dice che la storia fra i due non può finire qui. Se Okada prevale sull’uomo più anziano grazie alla pura forza della giovinezza, in realtà non sembra ancora allo stesso livello in termini di creatività, immaginazione e costruzione del match. Col senno di poi, questo passaggio di testimone non rappresenta la conclusione definitiva della storia, ma solo la fine del primo atto.