Il primo è H.G. Wells. Wells è il profilo fatto e finito del borghese progressista. Intelligente, libertino, straordinariamente consapevole della inevitabile crisi sociale figlia del capitalismo e come ogni buon borghese anglosassone, atrocemente terrorizzato da ogni spostamento in avanti o indietro da quel fragile equilibrio raggiunto con la pace sociale tra le classi in Europa dopo la sconfitta della Comune di Parigi. Wells si definiva socialista, apparteneva alla società fabiana, credeva in una lenta graduale avanzata delle riforme sociali, più influenzato dal darwinismo sociale che non dalla seconda internazionale. Nei testi di Wells emerge, tra i tanti temi, l'orrore per le conseguenze a lungo andare del capitalismo, se non governato da una ratio centrale ma di cui non poteva accettare, per formazione culturale, sociale e politica, il fondamento marxista. Wells fu sempre uomo curioso e sebbene non uscì mai dal campo del riformismo utopistico, visitò l'Unione Sovietica (dove per altro a seguito della rivoluzione i suoi testi ricevettero larga diffusione) per farsi un idea in proprio di come andassero le cose li, dove il filo era stato strappato e la storia si era agganciata ad una locomotiva diversa. Lo slancio utopistico di Wells è molto forte in testi come In the days of the comet, dove l'orrore della guerra è risolto da un vero e proprio deus ex machina. La descrizione della società classista in Wells è tipica della visione della borghesia illuminata anglosassone che si può riassumere così: Il proletariato fa schifo. Certo bisogna fare qualcosa per sistemare questo scempio, ma la cosa più importante è che fa schifo. I Morlocks fanno schifo, certo sono figli di un destino evolutivo cinico e baro, ma l'orrore con cui il viaggiatore del tempo vive il primo incontro con un loro esemplare è ne più ne meno che l'orrore del socialista per bene di fronte alle condizioni degli operai inglesi. Nei roghi nazisti venne bruciato di Wells The Outline of History, una sorta di enciclopedia storica piegata alla visione evoluzionista di HGW.
Tutto sommato credo che quello che i nazisti volevano bruciare di Wells fosse l'orrore per instabilità, il fatto che il borghese anglosassone non riuscisse a trovare una via d'uscita dalla straziante spaccatura che il mondo capitalista produceva, perchè i nazisti si proponeva di essere la cura a questo male. Il nuovo ordine mondiale. Non c'è nessuna spaccatura se chi sta sotto vene schiacciato sotto i talloni.
Il secondo è Hemingway. Di Hemingway i nazisti bruciano Addio Alle Armi, molto prima che Hemingway diventi quel personaggio completo che sarà qualche anno più tardi, personaggio e autore allo stesso tempo. Addio Alle Armi è un libro straordinario dal punto di vista letterario, ma ai nazisti non frega niente di questo. Non bruciano le figure retoriche, il linguaggio figurato, il ritmo narrativo, di Hemingway bruciano la distruzione della retorica militaresca, della mitologia eroica.
In Addio alle Armi la guerra fa schifo. Ma non fa schifo come lo fa in Cèline. Anche in Cèline la guerra fa schifo, ma in Cèline fa tutto talmente schifo che la guerra non emerge dalla melma, le sue conseguenze sono moderate dal fatto che cambiando latitudine, contesto, bisogni non cambia la melma. In Addio Alle Armi la guerra ha delle conseguenze e sono tutte negative, come in Remarque, come nei quadri di Otto Dix. Il nazismo sa in partenza che dovrà portare la guerra e tutto l'arsenale propagandistico va riarmato, l'ondata di rigetto che il grande macello mondiale ha prodotto deve essere cancellato.
Il terzo Robert Musil. A me Robert Musil fa schifo. Ho letto I turbamenti del giovane Torless tanti anni fa su consiglio di una collega, ma per fortuna era già il periodo in cui avevo in disprezzo Nietzsche e tutti i nietzschiani che è servito a risparmiarmi di affrontare il malloppo dell'Uomo senza Qualità. Musil, a differenza di molti altri autori tedeschi bruciati dai nazisti, non è mai stato troppo progressista. Non c'è in Musil l'afflato antimilitarista, un generico spirito democratico ne tantomeno l'adesione esplicita a comunismo o socialdemocrazia, da cui prende le distanze. Musil stesso sembra peraltro rompere controvoglia col nazismo, che pure lo attacca e lo condanna, ed è spinto in questo anche dai timori per la sorte della moglie, ebrea. Con Musil il nazismo brucia i confini culturali del decadentismo borghese tedesco.Tutta la polemica tra Musil e Thomas Mann poteva andare bene per la repubblica di Weimar, ma insieme al parlamento della repubblica, doveva bruciare anche la sua cultura.
Il quarto è Lev Trotsky. Nel giugno del 1933 Trotsky scrive un breve saggio intitolato: Che cos'è il nazionalsocialismo. In cui peraltro si fa esplicito riferimento ai roghi: “I bracieri su cui brucia l’empia letteratura del marxismo illuminano vivamente la natura di classe del nazionalsocialismo.”
Il nazismo ed il fascismo sono nati come fenomeni portatori di stabilità capitalista dove le rotture comuniste hanno fallito. Non è un caso che i nazisti brucino i libri dei leader bolscevichi, perchè devono bruciare il fantasma dell'insurrezione che negli anni precedenti ha scosso ripetutamente la Germania. In questo breve testo Trotsky individua alcune delle caratteristiche fondamentali del nazismo (e, generalizzando, dei fascismi): I nazisti maledicono il materialismo, perché le vittorie della tecnica sulla natura significano la vittoria del grande capitale sul piccolo. I capi del movimento liquidano il razionalismo – perché essi non possiedono che intelletti di secondo o di terz’ordine, ma prima di tutto perché il loro ruolo storico non ammette che un pensiero sia elaborato sino in fondo. La piccola borghesia ha bisogno di un’istanza superiore al di sopra della natura e della storia, al riparo dalla concorrenza, dall’inflazione, dalla crisi e dalla vendita all’asta. Alla evoluzione, alla concezione materialistica, al razionalismo – al XX, al XIX e al XVIII secolo – viene contrapposto l’idealismo nazionale come fonte di ispirazione eroica. La nazione di Hitler è l’ombra mitologica della piccola borghesia stessa, delirio patetico che le mostra il regno millenario sulla terra.
E da questa citazione arriviamo all'ultimo. Friedrich Engels. Il nazismo nel suo spregio del materialismo e della storia, annunciava il Reich Millenario. Si poneva oltre la storia, si proiettava in un futuro indefinito, eternizzava il concetto di nazione. Certamente Engels aveva agli occhi dei nazisti l'infame responsabilità di essere, con Marx, uno dei fondatori del comunismo, uno dei nonni dei bolscevichi e dell'Unione Sovietica. Tanto bastava per bruciare lui e pure la sua tomba se fosse stato il caso. Ma c'è un testo di Engels meraviglioso, peraltro scritto indipendentemente da Marx, che si poneva proprio in contraddizione con tutte le baracconate da eternità, millenarità e messianismo nazista. Questo testo è la Dialettica della Natura. E' un testo straordinario che si sforza di approfondire un'epistemologia materialista e di liberare l'approccio alle scienze da ogni fondamento fideistico, metafisico o dogmatico. Ma non è solo questo. E' un atto di straordinario fondamento del ruolo dell'uomo nella storia. Ad un tempo protagonista, capace di dominare la materia stessa ed al contempo infinitesimo granello di sabbia nell'infinità dell'universo:
La materia si muove in un eterno ciclo. È un ciclo che si conclude in intervalli di tempo per i quali il nostro anno terrestre non è assolutamente metro sufficiente; un ciclo, nel quale il periodo dello sviluppo piú elevato – quello della vita organica e anzi della stessa vita – occupa un posto ristretto quanto lo spazio nel quale si fanno strada la vita e la coscienza; un ciclo, nel quale tutte le manifestazioni della materia – sole o nebulosa, animale o specie, combinazione o separazione chimica – sono ugualmente caduche. In esso non vi è nulla di eterno se non la materia che eternamente si trasforma, eternamente si muove, e le leggi secondo le quali essa si trasforma e si muove. Ma per quanto spesso, per quanto inflessibilmente questo ciclo si possa compiere nello spazio e nel tempo; per quanti milioni di soli e di terre possano nascere e perire; per quanto tempo possa trascorrere finché su un solo pianeta di un sistema solare si stabiliscano condizioni necessarie alla vita organica; per quanti innumerevoli esseri organici debbano sorgere e scomparire prima che tra di essi si sviluppino animali dotati di un cervello pensante e trovino per un breve intervallo di tempo condizioni atte alla vita, per essere poi anche essi distrutti senza pietà, noi abbiamo la certezza che la materia in tutti i suoi mutamenti rimane eternamente la stessa, che nessuno dei suoi attributi può mai andare perduto e che perciò essa deve di nuovo creare, in altro tempo e in altro luogo, il suo piú alto frutto, lo spirito pensante, per quella stessa ferrea necessità che porterà alla scomparsa di esso sulla terra.
In culo ai reich millenari e ai nazisti di ieri e di oggi.