Re: Curiosità scientifiche (ed eventuali smentite)
Inviato: 18/01/2017, 12:40
Entro in questo topic facendo pausa dallo scrivere parte di un articolo di ricerca in Analisi matematica, quindi, anche se in ritardo, vorrei dire la mia sulla questione sollevata sulle generalizzazioni etc.
Diciamo che dal punto di vista filosofico è stato detto più o meno tutto e non sto ad aggiungere altro. Nella realtà di tutti i giorni, la questione di base è questa: chi fa matematica teorica (la faccio io e conoscono tantissime persone che la fanno), lo fa per far matematica e non pensa mai al riscontro fisico che quello che sta facendo potrebbe avere. Sì, è un'argomentazione comoda da usare quando si tenta di spiegare quello che si fa, ma la realtà è che la bellezza di certo risultato è del tutto indipendente dal "ma avrà applicazioni?". A questo fatto, va assolutamente aggiunta una osservazione che vale nel 90% dei casi: passare da dimensione 3 a dimensione n maggiore uguale di 3 non è faticoso. Quindi perché non farlo, esprimendo il risultato nel modo più generale possibile? Spesso in ricerca si procede così: si congettura un risultato e si tenta di dimostrarlo in dimensione bassa (n=2,3) dove le cose si "vedono" e gli strumenti sono più semplici (perché buttarsi subito ad usare divergenze etc se studiare semplici derivate di funzioni ad una variabile fa già capire le cose?). Una volta ottenuto il risultato in dimensione bassa, ci si pone questa domanda: le parti chiave della dimostrazione (di solito l'idea vera sta in uno o due passaggi, gli altri sono di contorno) valgono anche in dimensione più alta? Se sì - e spesso è così - ci si arma di pazienza e si traduce quello che si è fatto in dimensione bassa a dimensione n qualunque. Serve un po' di tempo, ma se l'idea di base usa fatti che valgono indipendentemente dalla dimensione (o che possono essere aggiustati a meno di piccole differenze che non danno noia al nostro scopo), la fatica è solo "manuale" (se ho fatto un integrale per parti ad un certo punto, so che in generale dovrò usare in quel punto il teorema della divergenza, magari facendo un minimo di attenzione ai bordi del mio dominio, giusto per usare un esempio banalissimo).
I casi più interessanti sono, in realtà, quelli in cui si utilizza qualcosa che vale solo in dimensione 2/3. Perché dopo c'è da pensare. Come faccio a tradurre il teorema per una dimensione generica se questa proprietà che ho usato non vale più? Posso riottenerla aggiungendo qualche ipotesi in più? Posso passare da un'altra strada? Oppure, addirittura, esiste un controesempio che mostra che in dimensione più alta il mio risultato perde di validità? Ma se è così, quale è la proprietà chiave che fa valere il mio teorema in dimensione 3 e non in dimensione maggiore? Perché questa proprietà influenza così tanto il mio risultato? Posso in qualche modo "artificiale" far sì che certe ipotesi giuste valgano in dimensioni più alta mettendomi sotto certe ipotesi di lavoro? Non è che così facendo vengono fuori situazioni "famose" e che il mio teorema vale in certi spazi che già si utilizzano in altri ambiti?
Insomma, a fermarsi appena si è ottenuto un risultato in dimensione bassa, si toglierebbe il ragionamento che sta alla base dello sviluppo della materia. Ci si farebbero meno domane, insomma, e questo sarebbe un errore madornale.
Diciamo che dal punto di vista filosofico è stato detto più o meno tutto e non sto ad aggiungere altro. Nella realtà di tutti i giorni, la questione di base è questa: chi fa matematica teorica (la faccio io e conoscono tantissime persone che la fanno), lo fa per far matematica e non pensa mai al riscontro fisico che quello che sta facendo potrebbe avere. Sì, è un'argomentazione comoda da usare quando si tenta di spiegare quello che si fa, ma la realtà è che la bellezza di certo risultato è del tutto indipendente dal "ma avrà applicazioni?". A questo fatto, va assolutamente aggiunta una osservazione che vale nel 90% dei casi: passare da dimensione 3 a dimensione n maggiore uguale di 3 non è faticoso. Quindi perché non farlo, esprimendo il risultato nel modo più generale possibile? Spesso in ricerca si procede così: si congettura un risultato e si tenta di dimostrarlo in dimensione bassa (n=2,3) dove le cose si "vedono" e gli strumenti sono più semplici (perché buttarsi subito ad usare divergenze etc se studiare semplici derivate di funzioni ad una variabile fa già capire le cose?). Una volta ottenuto il risultato in dimensione bassa, ci si pone questa domanda: le parti chiave della dimostrazione (di solito l'idea vera sta in uno o due passaggi, gli altri sono di contorno) valgono anche in dimensione più alta? Se sì - e spesso è così - ci si arma di pazienza e si traduce quello che si è fatto in dimensione bassa a dimensione n qualunque. Serve un po' di tempo, ma se l'idea di base usa fatti che valgono indipendentemente dalla dimensione (o che possono essere aggiustati a meno di piccole differenze che non danno noia al nostro scopo), la fatica è solo "manuale" (se ho fatto un integrale per parti ad un certo punto, so che in generale dovrò usare in quel punto il teorema della divergenza, magari facendo un minimo di attenzione ai bordi del mio dominio, giusto per usare un esempio banalissimo).
I casi più interessanti sono, in realtà, quelli in cui si utilizza qualcosa che vale solo in dimensione 2/3. Perché dopo c'è da pensare. Come faccio a tradurre il teorema per una dimensione generica se questa proprietà che ho usato non vale più? Posso riottenerla aggiungendo qualche ipotesi in più? Posso passare da un'altra strada? Oppure, addirittura, esiste un controesempio che mostra che in dimensione più alta il mio risultato perde di validità? Ma se è così, quale è la proprietà chiave che fa valere il mio teorema in dimensione 3 e non in dimensione maggiore? Perché questa proprietà influenza così tanto il mio risultato? Posso in qualche modo "artificiale" far sì che certe ipotesi giuste valgano in dimensioni più alta mettendomi sotto certe ipotesi di lavoro? Non è che così facendo vengono fuori situazioni "famose" e che il mio teorema vale in certi spazi che già si utilizzano in altri ambiti?
Insomma, a fermarsi appena si è ottenuto un risultato in dimensione bassa, si toglierebbe il ragionamento che sta alla base dello sviluppo della materia. Ci si farebbero meno domane, insomma, e questo sarebbe un errore madornale.