Er canaro
Inviato: 18/02/2011, 15:06
Er canaro. Così a Roma veniva chiamato Pietro De Negri, proprietario di un negozio di tolettatura per cani, il Mambli, a via della Magliana 253, che divenne tristemente famoso nel febbraio del 1988 per Er Fattaccio della Magliana. Il quartiere è proprio quello che dava il nome alla famosa banda criminale che in quel periodo era ormai dilaniata e prossima alla fine: come eredità lasciava una zona ancora fulcro della malavita romana e dello spaccio di droga. Uno dei luogotenti era Giancarlo Ricci di professione spazzino, ex pugile, ladro e spacciatore: viene descritto come un bullo muscoloso e arrogante, un capobranco, uno di quelli che "je parte 'a capoccia" e diventa pericoloso. Tra le sue vittime preferite proprio er canaro: spesso entrava nel negozio per procurarsi la cocaina (che De Negri era solito consumare) e ne approfittava per pestarlo, per offenderlo davanti ad altri (anche di fronte alla figlioletta di 7 anni) o per rubare qualcosa. Arrivò anche a ferire un cane che piaceva molto al canaro pur di fargli un dispetto.
Ma un giorno la situazione si spinse più in là: Ricci propose al De Negri di svaligiare il negozio di abbigliamento confinante con il suo, un colpo da cento milioni. Il colpo riuscì, ma er canaro, il primo ovviamente ad essere sospettato, venne arrestato; nei dieci mesi che trascorse in carcere non rivelò mai il nome del suo complice e quando uscì pretese una parte del bottino, ma Ricci invece di essergli grato, non solo non gli diede nulla della refurtiva, ma lo picchiò e lo derise.
La vendetta der canaro fu tremenda, sanguinaria, feroce, bestiale.
18 febbraio 1988. Ricci entra nel negozio di De Negri verso l’una pretendendo come al solito della cocaina. Er Canaro racconta che un pusher sarebbe arrivato da li' a poco con molti soldi e molta droga e avrebbero potuto facilmente derubarlo agendo assieme. E per far questo convince er pugile a nascondersi in una piccola gabbia da cani. Ma appena si infilò a fatica, De Negri fece scattare la sua trappola: chiuse il chiavistello e aumentò al massimo il volume del nuovo stereo per coprire le urla da ossesso di Ricci. Ricci, forte, rabbioso e terrorizzato, nonostante tutto riuscì a sfondare la gabbia e a metter fuori la testa, ma De Negri lo colpì con un bastone facendogli perdere i sensi. Prese allora il corpo dell'uomo svenuto e lo portà nel lalaboratorio al piano sotteraeo. Lo incatenò come faceva per quei cani non desiderosi del lavaggio. Poi prese i ferri del mestiere: una forbice da tosatore, un martello, una tronchese. Gli stessi ferri usati per abbellire i cani furono adoperati per realizzare il suo folle progetto.
Sette ore. In tutto sette ore durò quella tortura. Prese il cadavere, lo avvolse in sacchi neri, pulì tutto scrupolosamente e lo portò in un deposito di rifiuti a via Cruciano Alibrandi, in zona Portuense, per bruciarlo. E cosi' sara' trovato il giorno dopo.
Grazie alla testimonianza d Fabio er tossico, la Polizia arrivò subito a De Negri che confessò tutto. E non solo, ma si vantò anche del gesto compiuto. Negli anni a seguire ci furono scompigli e tensioni nella zona. Gli amici di Ricci volevano vendicare la morte del pugile, mentre la madre della vittima non credette a questa storia e accusò er canaro di coprire i veri assassini, i quali avevano regalato a lui solo il cadavere. Giravano voci che Ricci fosse stato vittima della mafia per di contatti con la polizia.
Pietro De Negri fu condannato a 15 anni più 5 per spaccio di droga nel 1990. Oggi er canaro è un uomo libero: a quanto pare, tolta la cocaina e la fonte del suo odio, non è più in grado di nuocere. Colui che ha compiuto un delitto tra i più rivoltanti nella storia italiana ha solo una richiesta: Per favore, dimenticatemi.
Ma un giorno la situazione si spinse più in là: Ricci propose al De Negri di svaligiare il negozio di abbigliamento confinante con il suo, un colpo da cento milioni. Il colpo riuscì, ma er canaro, il primo ovviamente ad essere sospettato, venne arrestato; nei dieci mesi che trascorse in carcere non rivelò mai il nome del suo complice e quando uscì pretese una parte del bottino, ma Ricci invece di essergli grato, non solo non gli diede nulla della refurtiva, ma lo picchiò e lo derise.
La vendetta der canaro fu tremenda, sanguinaria, feroce, bestiale.
18 febbraio 1988. Ricci entra nel negozio di De Negri verso l’una pretendendo come al solito della cocaina. Er Canaro racconta che un pusher sarebbe arrivato da li' a poco con molti soldi e molta droga e avrebbero potuto facilmente derubarlo agendo assieme. E per far questo convince er pugile a nascondersi in una piccola gabbia da cani. Ma appena si infilò a fatica, De Negri fece scattare la sua trappola: chiuse il chiavistello e aumentò al massimo il volume del nuovo stereo per coprire le urla da ossesso di Ricci. Ricci, forte, rabbioso e terrorizzato, nonostante tutto riuscì a sfondare la gabbia e a metter fuori la testa, ma De Negri lo colpì con un bastone facendogli perdere i sensi. Prese allora il corpo dell'uomo svenuto e lo portà nel lalaboratorio al piano sotteraeo. Lo incatenò come faceva per quei cani non desiderosi del lavaggio. Poi prese i ferri del mestiere: una forbice da tosatore, un martello, una tronchese. Gli stessi ferri usati per abbellire i cani furono adoperati per realizzare il suo folle progetto.
Spoiler:
Grazie alla testimonianza d Fabio er tossico, la Polizia arrivò subito a De Negri che confessò tutto. E non solo, ma si vantò anche del gesto compiuto. Negli anni a seguire ci furono scompigli e tensioni nella zona. Gli amici di Ricci volevano vendicare la morte del pugile, mentre la madre della vittima non credette a questa storia e accusò er canaro di coprire i veri assassini, i quali avevano regalato a lui solo il cadavere. Giravano voci che Ricci fosse stato vittima della mafia per di contatti con la polizia.
Pietro De Negri fu condannato a 15 anni più 5 per spaccio di droga nel 1990. Oggi er canaro è un uomo libero: a quanto pare, tolta la cocaina e la fonte del suo odio, non è più in grado di nuocere. Colui che ha compiuto un delitto tra i più rivoltanti nella storia italiana ha solo una richiesta: Per favore, dimenticatemi.