Smoker ha scritto: ↑10/09/2025, 22:31
Io onestamente non riesco a vederla così "positiva". La stessa Ucraina era divisa politicamente politicamente prima dell'invasione russa e guardala ora invece. È vero, hanno molta polvere sepolta sotto al tappeto ma è proprio questo effetto che riesce a fare una guerra che mi preoccupa.
Noi stessi 100 anni fa eravamo divisi e durante la prima guerra mondiale abbiamo messo tutto sotto il tappeto, salvo poi vedere queste tensioni riaffiorare nel dopo guerra.
Per altro queste divisioni ci sono si in Occidente però non le vedo nelle nazioni che oggi provocano sul campo o comunque non nella stessa entità che da noi.
Oh forse poi sono solo pessimista io, però vedo difficile che tutta questa situazione si vada sgonfiando e sfoci "solo" in tensioni sociali.
Le tensioni sociali non sono "solo". Cioè non sono un elemento accessorio o un topolino partorito dalla minacciosa montagna della guerra.
In realtà sono lo sbocco che può cambiare in meglio la situazione e sono l'elemento prevalente in tutta questa fase.
Il pendolo sociale oscilla parecchio, fino ad 1 mese fa sembrava che Farage regnasse incontrastato sul futuro della Gran Bretagna e ora il nuovo partito di Corbyn e Sultana che ancora non esiste e non ha un nome è primo nei sondaggi tra le fasce d'età più giovani e ha il potenziale di ridurre ai minimi termini il partito laburista.
La stessa divisione in blocchi del mondo, che è un fatto, segnala però in questo quadro di crisi le enormi difficoltà a stabilizzare questi stessi blocchi, come accennavo in riferimento al Nepal.
Sul resto poi, la situazione non proietta le ombre immediate di una guerra totale. Le economie principali del mondo sono in una crisi di difficile soluzione e questo vale anche per la conversione all'industria della guerra, che è più nella retorica che negli effetti. Le guerre in Ucraina e in Palestina, che non sono "guerre totali", o meglio lo sono solamente da un lato (Ucraina e Palestina) ma non dall'altro (Russia e Israele) stanno dimostrando rapidamente i costi, la difficile sostenibilità, l'attrito a cui vanno incontro eserciti, economie, popolazioni.
Ci sono molte altre fasi prima che si possa parlare di una guerra mondiale alle porte e il ruolo delle proteste, delle rivolte, che sono capaci di cambiare regimi, far fuggire governi, riorientare paesi intesi, non è qualcosa di semplicemente secondario.
Io sono sinceramente molto galvanizzato dalla fase che si sta aprendo.