Dovrei vederlo oggi. Se riesci recuperati Raw della stessa regista, film splendido per me.
TOPIC UFFICIALE - Ultimo film visto o rivisto #2
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Re: TOPIC UFFICIALE - Ultimo film visto o rivisto #2
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Re: TOPIC UFFICIALE - Ultimo film visto o rivisto #2
Titane
Un trauma cranico produce una nuova soggettività, ma il linguaggio non sa processarlo quindi tocca disfarsi del linguaggio (e della mente in cui è innestato) per produrre una nuova umanità. Favola transuman-cognitivista sui limiti dell'uomo nell'accettare la continua produzione di differenza che la tecnologia apporta nell'esperienza del corpo, in realtà è un patetico e fascista attacco alla psicoanalisi e alle possibilità di appropriazione attraverso il linguaggio di questa produzione di differenza. La forma di vita che si proietta è un monadismo individualista di menti staccate dal proprio corpo in cui il linguaggio è solo un inutile innesto produttore d'incomunicabilità. Così un padre non deve decostruire il proprio linguaggio che l'ha portato a una sostituzione della figura del figlio perchè tanto manco ci credeva a sto linguaggio, l'importante è solo che il figlio venga sostituito perchè sì. E così la protagonista non deve decostruire il linguaggio della soggettività prodotta dal trauma perchè tanto il trauma è puro evento delle sinapsi e sono le sinapsi a comandare il corpo quindi meglio annientarsi del tutto perchè l'unica possibilità di una soggettività libera dal linguaggio è quella di una nuova mente completamente tecnologica. Folle anche solo accostarlo a certo femminismo o post-umanesimo, qua c'è solo continua fascinazione per la macchina padronale, mai in alcun momento sovvertita, una serie di music video fascinosi, voyeuristici e vuoti. Forse 30 anni fa sarebbe potuta apparire come una provocazione reazionaria anti-Cronenberg, oggi sta roba pare chiaramente allineata al potere e pure arretrata negli studi cognitivisti. Una roba immonda, inaccettabile, una macchia indelebile nell'albo del premio più importante della storia del cinema, colpa del delirio di un pazzo in culo a cui verrà tagliata la testa per primo quando verrà la rivoluzione.
Lucus a Lucendo
Dopo circa un'ora e un quarto d'assenza totale di rabbia un inserto di un'intervista di Pasolini ci ricorda che, certo, la rabbia si inventa ma poi va anche saputa incanalare e il modello con cui si è incanalata è quello della Resistenza, o, visivamente, del Neorealismo. Insomma, la Resistenza più che un compito di continua re-invenzione della rabbia dovrebbe essere quel modello storico a cui affidarsi per incanalarla, perchè... boh, dovere di memoria, immagino. Il Carlo Levi che esce da sto film è certamente una figura imponente, facente parte in maniera attiva di una tradizione e della storia di un popolo. Ma, nonostante i tentativi anche troppo didascalici di imporcelo, sta roba tocca ben poco il presente, e soprattutto la rabbia presente, a differenza dei precedenti film di Masi. Non è poi così assurdo che si associ la figura dell'agnello non con l'ebraismo ma con il cristianesimo, mandando a fanculo una linea narrativa, se tutto il film, manco fosse Marcello o la Rohrwacher, ci impone l'iconografia neorealista. "Documentario di ricerca", si dice, cioè intellettuale, a scopo di ricerche accademiche ulteriori, e non quindi di fondazione di una realtà in cui abitare. "Maturo", dice qualcun altro, e quindi, per un benjaminiano come me, la distruzione dell'esperienza. Bocciatissimo.
Il Buco
Poco meno di un secolo fa prima nelle pagine di un giornale di propaganda e poi in cortometraggi un giovane intellettuale polacco andato a studiare in Russia inventava l'idea del cineocchio, la macchina da presa come occhio disincarnato, inumano, l'idea della tecnica come protesi, estensione delle potenzialità umane. Nel '29 produrrà poi uno dei caposaldi dell'avanguardia russa, L'uomo con la macchina da presa, straordinaria celebrazione della natura tecnica dell'uomo, delle nuove modalità di circolazione umana in seguito allo sviluppo tecnico e delle potenzialità di questo occhio inumano capace di far parlare le cose e portare l'uomo a ridefinirsi in base a questa nuova conversazione con le cose. Il Buco coglie perfettamente l'attualità teorica delle intuizioni di quel gigante che era Dziga Vertov, e lo coglie perchè lo spiazza completamente, lo de-storicizza. Così in pieno boom economico quel che si mostra non è la cultura, la nuova vita industriale, ma, piuttosto, la natura o, ancor meglio, quella parte inapproppriabile, inculturalizzabile, impadroneggiabile della natura, l'informe, l'oscurità. Proprio nell'impossibilità di rendere la tecnica cultura vengono tracciate nuove possibilità per l'occhio e quindi per la tecnica di ridefinire la circolazione e lo sguardo dell'uomo. Ciò che viene sottratto è il gesto, fin troppo umano, della cultura, un gesto che è già una decisione e quindi una definizione dell'umano. Se c'è invece possibilità di ridefinizione della posizione dell'umano sta in questo luogo d'indistinzione, l'informe, l'oscurità. Ma cos'è questo luogo oscuro se non già l'umano nell'esperienza del morire? Tra Dasein e protesi tecnologica attraverso il postumano, semplicemente uno dei film più importanti del nostro secolo.
Un trauma cranico produce una nuova soggettività, ma il linguaggio non sa processarlo quindi tocca disfarsi del linguaggio (e della mente in cui è innestato) per produrre una nuova umanità. Favola transuman-cognitivista sui limiti dell'uomo nell'accettare la continua produzione di differenza che la tecnologia apporta nell'esperienza del corpo, in realtà è un patetico e fascista attacco alla psicoanalisi e alle possibilità di appropriazione attraverso il linguaggio di questa produzione di differenza. La forma di vita che si proietta è un monadismo individualista di menti staccate dal proprio corpo in cui il linguaggio è solo un inutile innesto produttore d'incomunicabilità. Così un padre non deve decostruire il proprio linguaggio che l'ha portato a una sostituzione della figura del figlio perchè tanto manco ci credeva a sto linguaggio, l'importante è solo che il figlio venga sostituito perchè sì. E così la protagonista non deve decostruire il linguaggio della soggettività prodotta dal trauma perchè tanto il trauma è puro evento delle sinapsi e sono le sinapsi a comandare il corpo quindi meglio annientarsi del tutto perchè l'unica possibilità di una soggettività libera dal linguaggio è quella di una nuova mente completamente tecnologica. Folle anche solo accostarlo a certo femminismo o post-umanesimo, qua c'è solo continua fascinazione per la macchina padronale, mai in alcun momento sovvertita, una serie di music video fascinosi, voyeuristici e vuoti. Forse 30 anni fa sarebbe potuta apparire come una provocazione reazionaria anti-Cronenberg, oggi sta roba pare chiaramente allineata al potere e pure arretrata negli studi cognitivisti. Una roba immonda, inaccettabile, una macchia indelebile nell'albo del premio più importante della storia del cinema, colpa del delirio di un pazzo in culo a cui verrà tagliata la testa per primo quando verrà la rivoluzione.
Lucus a Lucendo
Dopo circa un'ora e un quarto d'assenza totale di rabbia un inserto di un'intervista di Pasolini ci ricorda che, certo, la rabbia si inventa ma poi va anche saputa incanalare e il modello con cui si è incanalata è quello della Resistenza, o, visivamente, del Neorealismo. Insomma, la Resistenza più che un compito di continua re-invenzione della rabbia dovrebbe essere quel modello storico a cui affidarsi per incanalarla, perchè... boh, dovere di memoria, immagino. Il Carlo Levi che esce da sto film è certamente una figura imponente, facente parte in maniera attiva di una tradizione e della storia di un popolo. Ma, nonostante i tentativi anche troppo didascalici di imporcelo, sta roba tocca ben poco il presente, e soprattutto la rabbia presente, a differenza dei precedenti film di Masi. Non è poi così assurdo che si associ la figura dell'agnello non con l'ebraismo ma con il cristianesimo, mandando a fanculo una linea narrativa, se tutto il film, manco fosse Marcello o la Rohrwacher, ci impone l'iconografia neorealista. "Documentario di ricerca", si dice, cioè intellettuale, a scopo di ricerche accademiche ulteriori, e non quindi di fondazione di una realtà in cui abitare. "Maturo", dice qualcun altro, e quindi, per un benjaminiano come me, la distruzione dell'esperienza. Bocciatissimo.
Il Buco
Poco meno di un secolo fa prima nelle pagine di un giornale di propaganda e poi in cortometraggi un giovane intellettuale polacco andato a studiare in Russia inventava l'idea del cineocchio, la macchina da presa come occhio disincarnato, inumano, l'idea della tecnica come protesi, estensione delle potenzialità umane. Nel '29 produrrà poi uno dei caposaldi dell'avanguardia russa, L'uomo con la macchina da presa, straordinaria celebrazione della natura tecnica dell'uomo, delle nuove modalità di circolazione umana in seguito allo sviluppo tecnico e delle potenzialità di questo occhio inumano capace di far parlare le cose e portare l'uomo a ridefinirsi in base a questa nuova conversazione con le cose. Il Buco coglie perfettamente l'attualità teorica delle intuizioni di quel gigante che era Dziga Vertov, e lo coglie perchè lo spiazza completamente, lo de-storicizza. Così in pieno boom economico quel che si mostra non è la cultura, la nuova vita industriale, ma, piuttosto, la natura o, ancor meglio, quella parte inapproppriabile, inculturalizzabile, impadroneggiabile della natura, l'informe, l'oscurità. Proprio nell'impossibilità di rendere la tecnica cultura vengono tracciate nuove possibilità per l'occhio e quindi per la tecnica di ridefinire la circolazione e lo sguardo dell'uomo. Ciò che viene sottratto è il gesto, fin troppo umano, della cultura, un gesto che è già una decisione e quindi una definizione dell'umano. Se c'è invece possibilità di ridefinizione della posizione dell'umano sta in questo luogo d'indistinzione, l'informe, l'oscurità. Ma cos'è questo luogo oscuro se non già l'umano nell'esperienza del morire? Tra Dasein e protesi tecnologica attraverso il postumano, semplicemente uno dei film più importanti del nostro secolo.
- Monkey d Michele
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Re: TOPIC UFFICIALE - Ultimo film visto o rivisto #2
Space Jam 2
Che che ne dicano i boomer e i nostalgia canaglia, non è la merda che tanti dicono. A me ha intrattenuto, basta staccare il cervello e farsi portare nel mondo Warner. Le diverse citazioni all'universo Warner, i richiami al primo film e un cameo da risate lasciano che il film vada avanti liscio.
Che che ne dicano i boomer e i nostalgia canaglia, non è la merda che tanti dicono. A me ha intrattenuto, basta staccare il cervello e farsi portare nel mondo Warner. Le diverse citazioni all'universo Warner, i richiami al primo film e un cameo da risate
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Re: TOPIC UFFICIALE - Ultimo film visto o rivisto #2
Titane un disastro, peggior Palma che abbia visto in vita mia e un insulto a un grande premio. Totalmente d'accordo con Orly
- deadman3:16
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- Monkey d Michele
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Re: TOPIC UFFICIALE - Ultimo film visto o rivisto #2
Chiaro che sono due cose diverse, però come film nel complesso ha molto più senso Space Jam che non quello di Villeneuve.
- Monkey d Michele
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Re: TOPIC UFFICIALE - Ultimo film visto o rivisto #2
Si si, avevo capito il contesto. Volevo solo recuperare un vecchio tormentone del forum.deadman3:16 ha scritto: ↑06/10/2021, 21:05 Chiaro che sono due cose diverse, però come film nel complesso ha molto più senso Space Jam che non quello di Villeneuve.
E mi trovi d'accordo. Dune visto e realizzato cosi é una gran masturbazione di villeneuve, mentre space Jam ha il suo perché. Il cameo di jordan poi
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Re: TOPIC UFFICIALE - Ultimo film visto o rivisto #2
Onestamente ormai le recensioni lasciano il tempo che trovano, Suicide Squad di Gunn l'ho trovato molto molto medio ma tutti ne parlano come la seconda venuta di Cristo, c'è gente che si improvvisa gran intenditore solo perché ha una tastiera e una connessione internet.
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Re: TOPIC UFFICIALE - Ultimo film visto o rivisto #2
Io sono dell'idea che la critica oramami sia palesemente pagata dei produttori. Se spendi centinaia di milioni per un film, non rischi che vada tutto a puttane a causa della criticaMacheteKowalski ha scritto: ↑07/10/2021, 11:02 Onestamente ormai le recensioni lasciano il tempo che trovano, Suicide Squad di Gunn l'ho trovato molto molto medio ma tutti ne parlano come la seconda venuta di Cristo, c'è gente che si improvvisa gran intenditore solo perché ha una tastiera e una connessione internet.
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Re: TOPIC UFFICIALE - Ultimo film visto o rivisto #2
Oddio, Space Jam è costato 150 milioni e viene stroncato un po' da tutti, idem Chaos Walking (primi due esempi che mi sono venuti in mente).
- PuroIndyLove
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Re: TOPIC UFFICIALE - Ultimo film visto o rivisto #2
Film di questa risma se ne fanno poco e niente della critica, proiettati a testa alta verso l'incasso.
Basandoci esclusivamente sulla critica, la carriera di Stallone si sarebbe bloccata a Rambo.
Anche il primo Space Jam ebbe critiche negative, ma incassò fior fior di ucci ucci sento odor di quattrinucci; e tuttora è un cult.
Basandoci esclusivamente sulla critica, la carriera di Stallone si sarebbe bloccata a Rambo.
Anche il primo Space Jam ebbe critiche negative, ma incassò fior fior di ucci ucci sento odor di quattrinucci; e tuttora è un cult.
- PuroIndyLove
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Re: TOPIC UFFICIALE - Ultimo film visto o rivisto #2
Brewster's Million - di Walter Hill.
Giorni fa mi è capitato di vedere questa commedia anni 80 con Richard Pryor, di stampo "reaganiano" e fortemente ideologica.
Oggi suppongo che un film del genere sarebbe (giustamente, anche) etichettato come razzista, dal momento che restituisce l'immaginario di un nero con le pezze al culo, privo di un lavoro regolare (e serio), a cui capiti una fortuna inaspettata: nella fattispecie, l'essere unico beneficiario di una ricchezza accumulata da un vecchio bianco bisbetico, il cui nonno ha sposato, cito testualmente, una "negra" (nel film non viene specificato, ma possiamo solo intuire che la "negra" in questione non poteva essere di famiglia benestante, ma al contrario, chissà, una schiavetta, retaggio di una cultura sudista).
La sola condizione allo scopo di entrare in possesso di 300 milioni di dollari, è sperperarne 30 in un mese.
Giaccché ci si è sempre lamentati, dalle nostre parti, delle scelte distributive di affibbiare titoli improbabili alle pellicole estere, questo devo dire che è parecchio oculato: chi più spende... più guadagna!, In linea con la filosofia capitalista e yuppie dell'America anni 80. Spendete, comperate, godete. Carpenter ci aveva visto giusto. Il problema è che l'affidare il ruolo a un nero comporta qualche disfunzionalità, appena appena, bianco-centrica: e dunque hai lo stereotipo del nero spendaccione che si da' alla pazza gioia e non assegna alcun valore concreto al denaro.
In questo senso, l'happy ending non è neanche così happy, dal momento che Pryor non si emancipa da alcuna condizione precedente e sconfigge il cattivo uomo bianco semplicemente operando ulteriori scelte scriteriate e spendaccione, da nero senza cognizione.
Da notare, altresì, l'introduzione di determinati concetti populisti nella politica, semi-pentastellata, del genere: io non faccio parte di alcun partito o ideologia specifica, sono un esterno, e vi chiedo solo di non esprimere un voto democratico sulle parti in battaglia, fautori di una politica obsoleta e imbrogliona. Ovviamente, la logica ottiene successo.
Giorni fa mi è capitato di vedere questa commedia anni 80 con Richard Pryor, di stampo "reaganiano" e fortemente ideologica.
Oggi suppongo che un film del genere sarebbe (giustamente, anche) etichettato come razzista, dal momento che restituisce l'immaginario di un nero con le pezze al culo, privo di un lavoro regolare (e serio), a cui capiti una fortuna inaspettata: nella fattispecie, l'essere unico beneficiario di una ricchezza accumulata da un vecchio bianco bisbetico, il cui nonno ha sposato, cito testualmente, una "negra" (nel film non viene specificato, ma possiamo solo intuire che la "negra" in questione non poteva essere di famiglia benestante, ma al contrario, chissà, una schiavetta, retaggio di una cultura sudista).
La sola condizione allo scopo di entrare in possesso di 300 milioni di dollari, è sperperarne 30 in un mese.
Giaccché ci si è sempre lamentati, dalle nostre parti, delle scelte distributive di affibbiare titoli improbabili alle pellicole estere, questo devo dire che è parecchio oculato: chi più spende... più guadagna!, In linea con la filosofia capitalista e yuppie dell'America anni 80. Spendete, comperate, godete. Carpenter ci aveva visto giusto. Il problema è che l'affidare il ruolo a un nero comporta qualche disfunzionalità, appena appena, bianco-centrica: e dunque hai lo stereotipo del nero spendaccione che si da' alla pazza gioia e non assegna alcun valore concreto al denaro.
In questo senso, l'happy ending non è neanche così happy, dal momento che Pryor non si emancipa da alcuna condizione precedente e sconfigge il cattivo uomo bianco semplicemente operando ulteriori scelte scriteriate e spendaccione, da nero senza cognizione.
Da notare, altresì, l'introduzione di determinati concetti populisti nella politica, semi-pentastellata, del genere: io non faccio parte di alcun partito o ideologia specifica, sono un esterno, e vi chiedo solo di non esprimere un voto democratico sulle parti in battaglia, fautori di una politica obsoleta e imbrogliona. Ovviamente, la logica ottiene successo.