Guarda che non ero ironico quando ho detto che apprezzo il tuo voler condividere le tue esperienze, se ti sono sembrato ruvido è solo perché certe tue uscite le sento da una vita qui, e sono abbastanza sicuro fossero il sentire comune anche prima che nascessi, basta leggere libri o vedere film di 50 e 60 anni fa e ci si rende conto che la tendenza a prendersela sempre con gli ultimi è una costante, indipendentemente dal sistema economico, politico o sociale. Tutte le menate contemporanee, le nuove distinzioni tra fazioni, per me non sono nient'altro che la ricomposizione delle stesse tendenze sotto altre forme, il classico serpente che si morde la coda. E sta cosa mi ha francamente stufato.IlBiondo ha scritto: ↑09/03/2025, 22:02 Hai ragione sul fatto che in Italia ho lavorato relativamente poco. Ho iniziato dopo il liceo a 21, a 23 ho iniziato a viaggiare per poi andarmene definitivamente a 26. Dopo aver visto che tante delle dinamiche della società, che mi venivano presentate come assolutamente indispensabili, erano in realtà solo dogmi e non fondamenta irrinunciabili, me ne sono andato senza rimorsi.
Nonostante abbia avuto un discreto successo lavorativo, nel mio piccolo, non sono riuscito a riadattarmi dopo aver visto altre realtà. In parte per quei concetti che hai spiegato benissimo.
Sono partito la prima volta dopo che ho realizzato che avere un contratto a tempo indeterminato, il sogno italiano (almeno a quel tempo), non mi rendeva ne più soddisfatto né tantomeno felice. Uguale quando ho raggiunto uno stipendio più alto dei miei genitori, che comunque non mi avrebbe permesso di vivere in maniera dignitosa.
Questo processo è stato pesante da attraversare, non pensate che sentirsi dire che dovevo essere soddisfatto e al contempo sentirsi un disadattato nel quartiere dove ero nato e cresciuto sia stato bello o piacevole.
Mi sono quasi perso. Comprare un biglietto di sola andata è stato come premere il tasto eject su un caccia che sta precipitando.
Hai avuto il coraggio, e forse anche la fortuna e la possibilità di far3 ciò che molti, me compreso, verrebbero fare ma che per mille motivi non fanno. Il punto è che, scusa se te lo dico, dici alcune cose che si sono sempre dette.
Per dire io il famigerato posto fisso ce l'avevo, ho lavorato 16 anni nello stesso posto, avevo uno stipendio discreto e scalando l'organigramma, ma certe dinamiche (sfruttamento, classismo, razzismo, arrivismo ecc..) mi hanno fatto ammalare ed implodere, ho dato le dimissioni volontarie senza naspi o altro e addio.
Non conosco la situazione australiana (come quella Usa) e non mi permetto di giudicare, conosco solo quella italiana e marginalmente quella cinese, ma credo che classismo e populismo siano mali più o meno diffusi ovunque.
Il populismo in particolare è una piaga tutta italiana e non arginabile per me, che comporta stravolgimenti valoriali, etici, sociali, semantici, tutto. Ormai democrazia è sinonimo di sterile esercizio di voto e dittatura della maggioranza, la verità dipende dal numero, è la pensano tutti così dio di un dio, l'ambizione è sempre sentirsi o apparire maggioranza per far subire agli altri la propria verità, foss'anche sulla squadra da tifare o la farina da usare per le frittelle. Questa semplicemente non è democrazia, ed io non sono nemmeno sto gran democratico.
Tutto già visto e già sentito. Scusa il pippozzo.