Seguo il wrestling da quasi 20 anni, dal boom del 2003, e negli anni ho compreso che il mio wrestling preferito è e rimane il wrestling della WWE. Ad oggi non seguo la WWE dal 2014.
Ho smesso di seguirla perché poco appassionanti le sue storie, troppo numerose le sue ore di programmazione, inconsistente e vuoto il racconto in ring. Nel nulla, ed esauriti i rewatch stamfordiani d’interesse, ho preso in mano un capriccio che mi portavo da anni: recuperarmi la ROH dei bei tempi.
Perché sì, in teoria è l’esatto opposto di ciò che uno fan della WWE cerca. Però l’avevo seguita quando la ROH iniziava a proporsi al grande pubblico coi suoi primi eventi in PPV. Anzi, l'ho quantomeno tenuta d'occhio fino alla end of an era dell’addio combinato di Danielson / McGuinness.
Desideravo allora capire se a quindici anni di distanza c’era ancora roba interessante per me in un qualcosa che ho vissuto live ma da esterno. Da uno che preferiva, e continua a preferire, guardarsi un RAW del 1999 a un Danielson vs KENTA.
In sostanza, per non monopolizzare il topic sui match visti, apro questo topic a puntate sulla ROH da esterno con 10 match che mi hanno colpito, un modo per discuterne e riflettere su quello che mi appare sempre più come un momento chiave del wrestling nordamericano.

Il movimento indy degli anni 2000, con la ROH in testa, costituisce l’epopea più rilevante del decennio?
Oggi la risposta è scontata. I nomi di quel movimento hanno conquistato il mainstream, per quanto ridotto sia oggi il mainstream, e con loro hanno portato un nuovo modo di fare wrestling.
La risposta alternativa è la TNA, ma meriterebbe un topic a parte. Oggi la TNA è una time-capsule del periodo, un riferimento simbolico più che un riferimento reale, parte di un dualismo più immaginato che concreto.
Nel 2002, però, il wrestling nordamericano è all’anno uno. Sono scomparse la WCW e l’ECW e l’auto-distruzione della WCW ha regalato a McMahon il monopolio fattuale del wrestling nordamericano. A questo livello, su scala nazionale e la nazione sono gli U.S.A, ossia un continente, mai nessuno prima.
La caduta del muro, l’equivalente per la disciplina è quello, comporta la scomparsa di uno spazio dedicato al wrestling più puro, più basico, più legato alla radici.
Non parlo della WCW, che col suo Monday Nitro aveva inventato il TV show moderno e inseguito e superato la WWE sul suo stesso terreno. E per cui la tradizione pura della NWA sarà sempre un residuo fastidiosissimo.
No, l’ECW. L’ECW era stata l’ultima realtà a parlare di sport of professional wrestling e nei suoi pochi anni di vita aveva tenuto aperto uno spazio wrestling alternativo riempendolo di contenuti e forme nuove.
Sì, il garbage wrestling FMW, ma anche l’harcore dei territori del sud, la lucha, i talenti scuola Stampede…assieme a character irriverenti e indimenticabili, in un montaggio frenetico da post-MTV con in sottofondo Offspring, Pavement e Wu-Tang Clan.
E poi l’appartenenza, il senso di comunità, il noi contro mondo, il rifiuto dei codici e delle forme mainstream. L’ECW è realmente l’ultimo dei territori e la prima delle fed indipendenti, una figlioccia bastarda del mondo NWA che porta di peso il wrestling extra WWE nel nuovo millennio.
La storia la sapete: l’ECW va giù, Feinstein che ne distribuiva le VHS scende in campo. Nasce la ROH e nasce uno spazio wrestling integralista che salta totalmente il mainstream anni 90 e guarda al contempo alla tradizione NWA, al Giappone passato e contemporaneo, alla lucha, ecc.
Non è la prima indy e non è l’unica, ma è destinata a diventare il palcoscenico principale dell’intero movimento, più che un movimento una Zona Temporaneamente Autonoma dedita alla sperimentazione, alla contaminazione, una mega-piattaforma dove si fa le ossa un’intera generazione di talenti destinati, molto più in là, a prendersi perfino il mainstream.
2 out 3 Falls Match - Bryan Danielson vs Paul London
Sì, lo so che vi aspettavate il match a tre di The Era of Honor Begins per iniziare. Ma questo non è un progetto storico-divulgativo e quel triple threat non l’ho mai digerito.
E in un certo senso, per ritmo e spettacolo, il primo ME è anche un match più avanti rispetto alle prime uscite della ROH, che anticipa una certa idea di matchone indy anni prima che ne diventi lo standard.
Se penso ai match da workrate della prima ROH penso a match più figli della tradizione andata che allo spaccio selvaggio di near-falls. Per quanto i finali ne fossero già ricchi.
A livello mentale penso anche ad alcune clinic al tappeto (Low Ki vs Danielson) che è roba da carbonari della disciplina. E la ROH prima versione è davvero una fed da carbonari: per gli sgabuzzini, per le riprese, per ciò che si fa in ring.
Ma c’è anche il talento di una generazione giovanissima che approfitta dello spazio autonomo del mondo indy per mostrarsi performer totale a poco più di vent’anni. E scriverlo oggi a meno di una settimana dalla morte di Jay Briscoe a manco quaranta anni, e sapere che Briscoe era lì nel 2002, fa anche più sensazione.
Per dire, non c’è ragione per cui Danielson e London facciano un match con questa maturità alla loro età.
D’accordo, Danielson è un prodigio della disciplina, e London è un performer che incarna il face in peril anche solo a guardarlo. Però qui è una roba clamorosa, e lo è tanto più non perché fanno qualcosa di nuovo, ma fanno qualcosa di vecchio.
Sono due di vent’anni che emulano Flair e Steamboat, con manco un lustro di carriera alle spalle, e in un mondo del wrestling nordamericano che ha lasciato per strada questo tipo di spettacolo.
Fight Without Honor – Low Ki vs Samoa Joe
Perché sì, lo spazio autonomo ha senso se lo usi per fare robe assenti nel mainstream, se il prodotto che ti offro lo trovi da me e non altrove.
Questo incontro serve anche a ricordare un tempo in cui Low Ki era uno dei primi nomi extra-WWE che si incontrava quando ci si avventurava fuori da Stamford.
E serve anche a introdurre Samoa Joe, uno di cui prima di questo progetto non guardavo un incontro da minimo dieci anni e che oggi considero un wrestler che per carisma, presenza scenica e abilità poteva aspirare a ben più di ciò che ha raccolto.
Nella prossima puntata
L'effetto meraviglia, botte, il consenso della critica e perché Samoa Joe, Danielson e Punk spaccano.