Quindi la paura di una punizione divina postuma ti frena nella vita quotidiana?Sonoio ha scritto:Se non ci dovesse essere niente dopo la morte ci andrebbe di lusso, il vero problema sarebbe se ci fosse un qualche inferno ad accoglierci
Chiedo la vita al di là della morte.
Re: Chiedo la vita al di là della morte.
- Sonoio
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Re: Chiedo la vita al di là della morte.
No, io sono convintamente agnostico e nella vita agisco secondo una morale assolutamente laica, anzi provo un certo rancore verso ogni forma di religiosità organizzata. Ciò non toglie che le miei angosce esistenziali riguardino la possibilità di un peggioramento della mia posizione dopo la morte, non la possibilità che morire significhi la fine di tutto.Biada ha scritto: Quindi la paura di una punizione divina postuma ti frena nella vita quotidiana?
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Re: Chiedo la vita al di là della morte.
Ah allora se è solo questo stai tranquillo, tanto non c'è un cazzo.Sonoio ha scritto:
No, io sono convintamente agnostico e nella vita agisco secondo una morale assolutamente laica, anzi provo un certo rancore verso ogni forma di religiosità organizzata. Ciò non toglie che le miei angosce esistenziali riguardino la possibilità di un peggioramento della mia posizione dopo la morte, non la possibilità che morire significhi la fine di tutto.
Peggio della vita non c'è nulla, almeno per la maggior parte delle persone.
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Re: Chiedo la vita al di là della morte.
Peggio della mia vita ci sono un'infinità di coseKiller BOB ha scritto:
Ah allora se è solo questo stai tranquillo, tanto non c'è un cazzo.
Peggio della vita non c'è nulla, almeno per la maggior parte delle persone.
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Re: Chiedo la vita al di là della morte.
Oh, bravo.Sonoio ha scritto:
Peggio della mia vita ci sono un'infinità di cose
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Re: Chiedo la vita al di là della morte.
Nemmeno meglio, se è per quello.Killer BOB ha scritto:
Ah allora se è solo questo stai tranquillo, tanto non c'è un cazzo.
Peggio della vita non c'è nulla, almeno per la maggior parte delle persone.
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Re: Chiedo la vita al di là della morte.
Sono d'accordo, la vita è sicuramente un mistero aldilà di tutto.pingumen96 ha scritto: Nemmeno meglio, se è per quello.
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Re: Chiedo la vita al di là della morte.
Io sono abbastanza sicuro che non ci sia assolutamente nulla dopo, e vivo la mia vita in funzione di ciò.
Se poi dovessi sbagliarmi e ci fosse qualche punizione divina per me una volta morto, vorrei almeno andare laggiù a ''cazzo duro'' mandando a fare in culo il ''capo'' per un'ultima volta mentre mi condanna ad un eternità di sofferenza
.
Coerenza fino all'ultimo, non gli darei la soddisfazione di un pentimento in extremis.
Se poi dovessi sbagliarmi e ci fosse qualche punizione divina per me una volta morto, vorrei almeno andare laggiù a ''cazzo duro'' mandando a fare in culo il ''capo'' per un'ultima volta mentre mi condanna ad un eternità di sofferenza

Coerenza fino all'ultimo, non gli darei la soddisfazione di un pentimento in extremis.
Re: Chiedo la vita al di là della morte.

come "amo" ripetere...la nostra esistenza non è nient'altro che un fiammifero acceso all'interno di una stanza buia...
c'è chi la illumina di più o meno... chi la illumina per più tempo o meno tempo.
ma alla fine tutti ci spegniamo...e la stanza torna buia.
ovviamente se ci pensi ti deprimi a bestia...ergo devi far finta di nulla...finché puoi.
sennò ti abbeveri stupidamente alle mammelle di qualche religione.
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Re: Chiedo la vita al di là della morte.
SND è il messaggio più intelligente che tu abbia scritto in tutta la tua vita multi forumistica.
Re: Chiedo la vita al di là della morte.
Killer BOB ha scritto:SNM è il messaggio più intelligente che tu abbia scritto in tutta la tua vita multi forumistica.

- Marco Frediani
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Re: Chiedo la vita al di là della morte.
Da una parte ho paura del fatto che non ci sia nulla, dall'altra mi spaventa il concetto di "eternità".
Spero comunque di non soffrire e di salutare i miei cari
Spero comunque di non soffrire e di salutare i miei cari
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Re: Chiedo la vita al di là della morte.
io l'unica cosa che spero , è quella di interagire con parenti morti e mai conosciuti e amici e parenti persi durante il cammino della vita.
Del resto fregacazzi,se non nel fatto di voler vivere 65-75 anni almeno
Del resto fregacazzi,se non nel fatto di voler vivere 65-75 anni almeno
- Yellow Monster
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Re: Chiedo la vita al di là della morte.
Se il pensiero di svanire ti spaventa a tal punto, renditi immortale lasciando qualcosa al mondo che abbandoni. Molti risolvono in questo modo il dilemma..
Oppure abbraccia una qualsivoglia religione che ti dia un motivo per non esserlo, chessò una vita prospera anche in un ipotetico aldilà
Oppure abbraccia una qualsivoglia religione che ti dia un motivo per non esserlo, chessò una vita prospera anche in un ipotetico aldilà
Re: Chiedo la vita al di là della morte.
Vi posto un estratto dal quinto libro della Recherche di Proust.
Parla della morte dello scrittore (fittizio) Bergotte. Spero che non vi perdiate nella sintassi contorta dello scrittore francese.
Morì nelle circostanze seguenti: a causa di una crisi di uremia abbastanza leggera, gli avevano prescritto il riposo. Ma poiché un critico aveva scritto che nella Veduta di Delft di Vermeer (prestata dal museo dell’Aja per una mostra di pittura olandese), quadro che egli adorava e pensava di conoscere a fondo, una piccola ala di muro giallo (che non si ricordava) era dipinta così bene da sembrare, se la si guardava isolatamente, una preziosa opera d’arte cinese, di una bellezza che sarebbe bastata a se stessa, Bergotte mangiò un po’ di patate, uscì ed entrò alla mostra. Sin dai primi gradini che ebbe da salire, fu preso da mancamenti. Passò davanti a molti quadri ed ebbe l’impressione dell’aridità e dell’inutilità di un’arte così artificiosa, e che non valeva le correnti d’aria e di sole di un palazzo di Venezia, o di una semplice casa in riva al mare. Infine si trovò davanti al Vermeer che si ricordava più splendente, più diverso da tutto quel che conosceva, ma dove, grazie all’articolo del critico, notò per la prima volta dei piccoli personaggi in blu, che la sabbia era rosa, e infine la preziosa materia della piccolissima ala di muro giallo. I suoi mancamenti aumentavano; egli fissava lo sguardo, come un bambino su una farfalla gialla che vuole catturare, sulla preziosa piccola ala di muro. “È così che avrei dovuto scrivere, diceva. I miei ultimi libri sono troppo scarni, sarebbe stato necessario passare parecchi strati di colore, rendere la frase in se stessa preziosa, come questa piccola ala di muro giallo”. Tuttavia la gravità dei suoi capogiri non gli sfuggiva. In una bilancia celeste gli appariva, su uno dei piatti, la sua stessa vita, mentre l’altro conteneva la piccola ara di muro dipinta così bene di giallo. Sentiva di aver dato incautamente la prima per la seconda. “Non vorrei però, si disse, essere per i giornali della sera il fatto di cronaca di questa mostra”. Si ripeteva: “Piccola ala di muro giallo con una tettoia, piccola ala di muro giallo”. Intanto si abbatté su un divano tondo; così bruscamente smise di pensare che la sua vita era in pericolo e, ritornando all’ottimismo, si disse: “È una semplice indigestione dovuta a quelle patate non abbastanza cotte, non è nulla”. Un nuovo colpo l’abbatté, rotolò dal divano per terra, accorsero tutti i visitatori e i guardiani. Era morto. Morto per sempre? Chi può dirlo? Certo, né le esperienze spiritiche né i dogmi religiosi provano che l’anima sopravviva. Quel che si può dire, è che tutto avviene nella nostra vita come se vi entrassimo con il fardello di obblighi contratti in una vita anteriore; non c’è nessuna ragione nelle condizioni della nostra vita su questa terra perché ci sentiamo obbligati a fare il bene, a essere delicati, o anche cortesi, né perché l’artista ateo si creda in dovere di rifare venti volte un pezzo che susciterà un’ammirazione che importerà ben poco al suo corpo mangiato dai vermi, come l’ala di muro giallo che dipinse con tanta abilità e raffinatezza un artista per sempre sconosciuto, appena identificato sotto il nome di Vermeer. Tutti questi obblighi che non hanno sanzione nella vita presente sembra che appartengano a un altro mondo, fondato sulla bontà, sullo scrupolo, sul sacrificio, un mondo completamente diverso da questo, e da cui usciamo per nascere a questa terra, prima forse di ritornarvi, a rivivere sotto l’imperio di quelle leggi ignote a cui abbiamo obbedito perché ne portavamo l’insegnamento in noi, senza sapere chi ve le avesse tracciate, quelle leggi cui ci avvicina ogni lavoro profondo nell’intelligenza e che sono invisibili soltanto – seppure! – per gli sciocchi. Perciò l’idea che Bergotte non fosse morto per sempre non è inverosimile.
Lo seppellirono, ma tutta la notte funebre, nelle vetrine illuminate, i suoi libri, disposti a tre a tre, vegliavano come angeli dalle ali spiegate e sembravano per colui che non era più, il simbolo della sua resurrezione»
Parla della morte dello scrittore (fittizio) Bergotte. Spero che non vi perdiate nella sintassi contorta dello scrittore francese.
Morì nelle circostanze seguenti: a causa di una crisi di uremia abbastanza leggera, gli avevano prescritto il riposo. Ma poiché un critico aveva scritto che nella Veduta di Delft di Vermeer (prestata dal museo dell’Aja per una mostra di pittura olandese), quadro che egli adorava e pensava di conoscere a fondo, una piccola ala di muro giallo (che non si ricordava) era dipinta così bene da sembrare, se la si guardava isolatamente, una preziosa opera d’arte cinese, di una bellezza che sarebbe bastata a se stessa, Bergotte mangiò un po’ di patate, uscì ed entrò alla mostra. Sin dai primi gradini che ebbe da salire, fu preso da mancamenti. Passò davanti a molti quadri ed ebbe l’impressione dell’aridità e dell’inutilità di un’arte così artificiosa, e che non valeva le correnti d’aria e di sole di un palazzo di Venezia, o di una semplice casa in riva al mare. Infine si trovò davanti al Vermeer che si ricordava più splendente, più diverso da tutto quel che conosceva, ma dove, grazie all’articolo del critico, notò per la prima volta dei piccoli personaggi in blu, che la sabbia era rosa, e infine la preziosa materia della piccolissima ala di muro giallo. I suoi mancamenti aumentavano; egli fissava lo sguardo, come un bambino su una farfalla gialla che vuole catturare, sulla preziosa piccola ala di muro. “È così che avrei dovuto scrivere, diceva. I miei ultimi libri sono troppo scarni, sarebbe stato necessario passare parecchi strati di colore, rendere la frase in se stessa preziosa, come questa piccola ala di muro giallo”. Tuttavia la gravità dei suoi capogiri non gli sfuggiva. In una bilancia celeste gli appariva, su uno dei piatti, la sua stessa vita, mentre l’altro conteneva la piccola ara di muro dipinta così bene di giallo. Sentiva di aver dato incautamente la prima per la seconda. “Non vorrei però, si disse, essere per i giornali della sera il fatto di cronaca di questa mostra”. Si ripeteva: “Piccola ala di muro giallo con una tettoia, piccola ala di muro giallo”. Intanto si abbatté su un divano tondo; così bruscamente smise di pensare che la sua vita era in pericolo e, ritornando all’ottimismo, si disse: “È una semplice indigestione dovuta a quelle patate non abbastanza cotte, non è nulla”. Un nuovo colpo l’abbatté, rotolò dal divano per terra, accorsero tutti i visitatori e i guardiani. Era morto. Morto per sempre? Chi può dirlo? Certo, né le esperienze spiritiche né i dogmi religiosi provano che l’anima sopravviva. Quel che si può dire, è che tutto avviene nella nostra vita come se vi entrassimo con il fardello di obblighi contratti in una vita anteriore; non c’è nessuna ragione nelle condizioni della nostra vita su questa terra perché ci sentiamo obbligati a fare il bene, a essere delicati, o anche cortesi, né perché l’artista ateo si creda in dovere di rifare venti volte un pezzo che susciterà un’ammirazione che importerà ben poco al suo corpo mangiato dai vermi, come l’ala di muro giallo che dipinse con tanta abilità e raffinatezza un artista per sempre sconosciuto, appena identificato sotto il nome di Vermeer. Tutti questi obblighi che non hanno sanzione nella vita presente sembra che appartengano a un altro mondo, fondato sulla bontà, sullo scrupolo, sul sacrificio, un mondo completamente diverso da questo, e da cui usciamo per nascere a questa terra, prima forse di ritornarvi, a rivivere sotto l’imperio di quelle leggi ignote a cui abbiamo obbedito perché ne portavamo l’insegnamento in noi, senza sapere chi ve le avesse tracciate, quelle leggi cui ci avvicina ogni lavoro profondo nell’intelligenza e che sono invisibili soltanto – seppure! – per gli sciocchi. Perciò l’idea che Bergotte non fosse morto per sempre non è inverosimile.
Lo seppellirono, ma tutta la notte funebre, nelle vetrine illuminate, i suoi libri, disposti a tre a tre, vegliavano come angeli dalle ali spiegate e sembravano per colui che non era più, il simbolo della sua resurrezione»